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domenica 27 maggio 2018

UNA DOMANDINA SULLA "STRADA DEGLI SCRITTORI". Ne vale un Post?


Ma si può sapere quanto è costato, finora, il lancio
 della cosiddetta "Strada degli Scrittori" di Felice Cavallaro
 e chi l'ha finanziato?

sabato 17 ottobre 2015

DOVE PORTANO LE STRADE ANCHE SE CAMBIANO NOME. SS 640? Strada degli Scrittori? Strada dei Giornalisti? Intanto la Fondazione Sciascia...



Le strade in Sicilia sono di attualità, anche quelle della cultura



screen capture:
http://www.lagazzettagrigentina.it/firetto-denominare-strada-degli-scrittori-la-nuova-s-s-640/


L'attuale Sindaco di Agrigento propone di intitolare ufficialmente "La Strada degli Scrittori" quella che finora è stata chiamata 640 o "Seicentoquaranta" come il vino che in omaggio alla 640 è stato appositamente prodotto e ufficialmente presentato al Vinitaly di Verona, il vino "Seicentoquaranta".

L'associazione, in verità, in vino veritas, l'associazione del vino ad una veloce strada a doppia corsia stride un po', se si vuole, con l'invito a non bere prima di mettersi alla guida così come, per dissuadere, viene pubblicizzato con tanto di cartelloni lungo le strade d'Italia, ma l'intenzione si vuol credere sia stata quella di valorizzare la vite che viene coltivata in tanti territori solcati dalla 640.

"Strada del vino Seicentoquaranta",  dunque, per promuovere e incentivare un prodotto e un'economia. Ottimi vigneti, ottimo vino, ma non da bere quando ci si mette alla guida né sulla 640 né su altre strade. E' proibito dal codice della strada, è sconsigliato sotto il profilo della sicurezza.
In ogni caso, questo vino e la sua sponsorizzazione e le sue presentazioni avranno avuto un costo, ma per una causa giusta è giusto l'investimento.

Parimenti, un giusto investimento si è e sarà ritenuta la denominazione di "Strada degli Scrittori", investimento sì, perché il progetto della "Strada degli Scrittori" è punteggiato da tante presentazioni ufficiali con tanto di palchi luci ospiti presentatori artisti e registi, un costo pur l'avrà, e ammesso che non siano previste strutture ed incarichi ad hoc.
Ma chi sponsorizza, Expo a parte dove oggi viene offerto lo "spazio" dal "Corriere della Sera"?


Chiunque sponsorizzi, da vicino o da lontano, dall'Italia o dall'Europa, dalla politica o dal mondo produttivo o da imprese varie, non si può fare a meno di pensare che di primaria importanza sarebbe impiegare le risorse economiche per  costruire le strade perbene senza ponti che crollino o carreggiate che si allaghino.
Un nome o un altro in fondo è sempre fatto di parole, le strade, invece, su cui scorrono macchine e camion, di costosi progetti, ferro e cemento: non sono freghi nel cielo della semantica.

Non che si voglia cercare il pelo nell'uovo, ma la Strada degli Scrittori non era già degli Scrittori? La strada c'era: non era sufficiente per raggiungere la Porto Empedocle di Camilleri, il Caos di Pirandello, la Favara di Russello, la Caltanissetta di Rosso di San Secondo, la Racalmuto di Sciascia? In queste o altre tappe collaterali Brancati, anche se originario di Pachino, non c'entra, visto che nessuno lo cita?
Lasciamo stare Brancati.

Sergio Mangiavillano,
ne La singolare avventura di Leonardo e Vitaliano nella città di pietra gialla (Edizioni Lussografica, CL, 2014),
ci racconta il periodo degli anni ’30 nel quale
Brancati e Sciascia abitavano a Caltanissetta.

Cosa ha impedito finora ai turisti di visitare a frotte i luoghi degli scrittori citati? Forse la mancanza di denominazione di una strada che già c'era? E' vero, i nomi aiutano, una bevanda che non si chiamasse Coca Cola sarebbe un'anonima bevanda, ma, anche se importanti,  non solo i nomi contano, anche la sostanza, le strutture.

E il Parco Letterario Regalpetra che si doveva svolgere tra Racalmuto e Caltanissetta  non era una struttura? non aveva lo scopo di attirare i turisti lungo itinerari appositamente predisposti?
Quanto è costato il Parco Regalpetra?  Ma chi l'ha visto?
Cosa rimane di quel sogno e di quell'investimento?
Insomma, che fine ha fatto il Parco Regalpetra?

I bei e tanti nomi del potere, della cultura, dell'accademia, del giornalismo, coinvolti nel sostenerlo e pubblicizzarlo, cosa saprebbero dirci? Cosa dovrebbero dirci?
Ma, siamo prodighi, lasciamo stare il Parco Regalpetra.


Ci voleva una Strada degli Scrittori per far deviare gli automobilisti verso la Noce, verso Racalmuto, verso la Fondazione Sciascia? Se la Fondazione non è servita ad incrementare questa deviazione, anzi ad attrarre appositamente i visitatori,  che scopo aveva metterla costosamente su? Mausoleo di se stessa? Sciascia, che a tanti ha fatto ballare con le sue polemiche il ballo si San Vito, avrebbe voluto un mummificante mausoleo?

Il paradosso, sciascianopirandellianocamillerianoempedocleokafkiano, è che la vecchia scorrimento veloce 640, divenuta nel frattempo come un'autostrada a doppia corsia, si chiami Strada degli Scrittori ma la casa di Sciascia alla Noce non è visitabile perché di uso privato; Racalmuto visitabile a malapena, stando a recenti notizie pubblicate dai giornali secondo i quali il paese si starebbe sgretolando; non visitabile la casa natale dello Scrittore perché mai valorizzata come tale; né visitabile potrebbe essere la Fondazione  Sciascia dal momento che rischia di far trovare i portoni chiusi anzi di non esserci più perché rischia la chiusura per mancanza di fondi.

E allora, prima di ogni altra denominazione della stessa strada non era il caso di sostenere e potenziare le mete verso cui la strada avrebbe potuto e dovuto condurre?


La Fondazione, in verità, dopo un periodo di vacche grasse, sta attraversando un periodo di magra, come del resto la cultura in generale e le tante istituzioni culturali siciliane in questa congiuntura storica, ma con l'elezione nel febbraio scorso di Felice Cavallaro nel consiglio di amministrazione in qualità di consigliere-tesoriere, voluta fortissimamente dal consiglio comunale, su proposta, secondo lo Statuto, del consiglio di amministrazione della Fondazione  stessa, se ne sperava  il risollevamento e il rilancio.
Lo stesso Cavallaro ne era convinto.
La convinzione lo  portava a potenziare il progetto da lui ideato della Strada degli Scrittori per incanalare flussi di turisti e risorse verso la Fondazione. E la Fondazione?

Forse impegnato e distratto nel promuovere e pubblicizzare il progetto della Strada degli Scrittori tra Racalmuto, Agrigento e Milano etc., nonostante la maggiore disponibilità di tempo visto che ormai è a riposo e il Corriere della Sera non lo impegna più come prima,  non  ha sicuramente potuto profondere grandi energie alla Fondazione che è rimasta inerte e inattiva, se a questi due aggettivi vogliamo dare un senso.

Eppure, le buone intenzioni c'erano, e forse ci sarebbero state anche le risorse umane a costo zero, per coadiuvarlo nell'ambizioso programma lanciato ottimisticamete all'indomani della elezione a consigliere-tesoriere.
Molti in verità siamo stati citati e proposti alla collaborazione tramite un articolo on line, ma mai interpellati.

Per quanto generoso, solo un piccolo contributo forse avremmo portato i tanti interpellati, mi meraviglio piuttosto come mai la Fondazione si sia ridotta malinconicamente al lumicino, non soltanto economicamente, con tutte le stelle di prima grandezza che nei decenni hanno costellato il cielo sopra la Fondazione! Né vorremmo assistere all'ennesimo battage giornalistico-pubblicitario su false partenze di idealizzati percorsi. La delusione tramutasi in rammarico approderebbe alla noia. Arriè?!
Ma lasciamo stare il passato.

Dalla bacheca fb di Alan Davide Scifo autore dell'articolo. Suo commento:
  "La Sicilia" di oggi, lente di ingrandimento sul centro storico di Racalmuto.

Riconoscendo a Felice Cavallaro acutezza e sagacia, e non pensando altrimenti, se fosse stato più presente, sicuramente non gli sarebbe sfuggito, in qualità di consigliere-tesoriere, quello che è sfuggito agli altri che pur dovenavo essere in allerta, ovvero i termini per la presentazione della richiesta di contributo che la Fondazione o il Comune avrebbe dovuto presentare alla Regione Siciliana.
Invece, poiché la domanda non è stata inoltrata nei tempi previsti, sono sfumati ben cinquanta mila euro di contributo. Piccola cosa rispetto agli agi antichi, ma importantissimi poiché vitali nel presente frangente.

screen capture:


Dunque... non si sa il dunque. Come concludere?
Come si fa ad avere certezze di future strade se le certe ed esistenti "strade" del passato sono diventate impercorribili o sono svanite nel nulla? Le attuali strade siciliane, disastratissime, sono una terribile metafora. Ci saremmo fermati alla metafora se nel frattempo noo si fosse passati all'ossimoro, all'omicidio-suicidio, all'omicidio suicida al suicidio omicida.

La ragione è presto detta: quando si era appreso che inizialmente la Fondazione era rimasta esclusa dalla tabella H della Regione siciliana che prevedeva il contributo alle istituzioni culturali siciliane si gridò sulla stampa all'abnorme esclusione e si parlò addirittura di omicidio culturale. Ora che quel contributo, successivamente concesso,  non è stato richiesto, di che cosa si deve parlare ora se non di "suicidio" stando sempre all'allegro repertorio retorico?

Non certo per analizzare figure retoriche, ma sulla vicenda c'è stato un pietoso silenzio da parte di chi istituzionalmente, nella diversità dei ruoli e delle responsabilità, doveva invece pubblicamente chiarire le dinamiche.
Eccetto che non si siano ritrovati tutti concordi nel rilancio annunciato dal Presidente della Fondazione nonché Sindaco di Racalmuto (amministrazioni e cultura sono un binomio inevitabile). Un rilancio un po' patetico però nel prospettare, metaforicamente parlando, maratone  olimpioniche a chi momentaneamente ha le gambe rotte e deambula a malapena con le stampelle per svolgere le funzioni vitali essenziali.

Ma noi vorremmo addirittura fare a meno delle figure retoriche e dell'ossimoro in ispecie.

Fuor di metafora e di ossimoro, solo si sa che all'Expo di Milano molti potenziali visitatori apprenderanno, nel corso di una solenne festa in onore dei novant'anni di Camilleri e da autorevoli rappresentanti della cultura e del giornalismo, di una Strada degli Scrittori in Sicilia tra Agrigento e Caltanissetta e magari brinderanno con il vino Seicentoquaranta. Ma questa Strada dove porterà?
Non vorremmo rovinare la festa con rammarichi sul passato e nuvolaglie pessimistiche sul futuro, speriamo invece che il brindisi sia di felice auspicio.

Ph ©piero carbone (17 ottobre 2015)








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mercoledì 20 agosto 2014

CHI PRIMA, CHI DOPO







In una lettera aperta al Signor Sindaco di Racalmuto, Lillo Bongiorno, in qualità di Esponente della lista Emilio Messana, a proposito della Fondazione Sciascia, riecheggiando Tortora, si chiede e chiede “dove eravamo rimasti?”.

Lo scopo sicuramente lodevole è quello di tirare fuori dalle secche la Fondazione Sciascia che, al culmine di una lunga agonia con qualche lampo di eccellenza, rischia addirittura la chiusura. Se la situazione odierna è maturata, peggiorando, nel tempo, viene da chiedere dove sia stato lui, che di “peso” in paese ne ha sempre avuto, dove sia stato negli ultimi vent’anni!

Dov’è stato quando pochi concittadini scrivevano lettere aperte, sollecitavano articoli, proponevano interviste, si ponevano le domande che oggi lui, con un semplice ritardo temporale, si pone. Avrebbe dovuto cogliere i gridi di allarme e non lo ha fatto. E come lui tanti.

E dov’erano le personalità che oggi invoca per risollevare le sorti della Fondazione, i vari Savatteri, Macaluso, Cavallaro: costoro cos’hanno fatto in passato da meritare oggi l’investitura per risollevare le sorti della Fondazione? Hanno permesso semmai, indirettamente con la loro “non attenzione critica” e mancanza di prese di posizione, a fare dell’istituzione culturale un’enclave esclusiva ed escludente, sequestrata dal paese con la p minuscola e con la p maiuscola, se poi si vuol credere che basta ricoprire ruoli più o meno alti nel campo giornalistico per le giuste “entrature” nelle stanze del potere per risolvere i problemi, si accomodino (neanche quelli del passato difettavano in questo, anzi!); ma sarebbe un premio a chi non ha fatto da racalmutese e “semplice” uomo di cultura quello che sicuramente avrebbe potuto e dovuto fare: vigilare, spronare, cogliere i segnali di “giusta critica” e di riflessione senza badare alla provenienza dei contributi critici, con libertà, con preveggenza, con disinteresse e a costo di venire esclusi da amicizie, convegni e passerelle.

Addirittura, si è permesso in passato che nemmeno si pubblicasse una lettera aperta con gli interrogativi pubblici sulla gestione della Fondazione. Perché mai? Anzi, si è sempre criticato il dito ignorando la luna. Bongiorno sa benissimo chi in paese ha avuto una mentalità aperta e collaborativa e chi invece ha avuto da criticare gli altri e segnatamente ogni alito culturale dell'amministrazione sol perché non in prima linea, ma sicuramente attingerà ad altri fatti e conseguenziali valutazioni  per credere oggi in quello che magari non condivideva in passato.  



Ieri e oggi si intrecciano.

Un recente appello è stato fatto per una discussione pubblica sullo stato e il futuro della Fondazione, ma è caduto nel nulla. 

Altra invece doveva essere la musica!

Per Sciascia si doveva.

Da uomini di cultura liberi si poteva.

Da racalmutesi che amano il proprio paese e tutto ciò che possa potenziarlo e dargli lustro si auspicava.

Si doveva pretendere che i veri amanti della Fondazione, e di Sciascia, e del paese, tenessero la barra dritta sull’Istituzione voluta da Sciascia invece di saltellare dalla Fondazione, in fase calante, al Parco letterario Regalpetra, dal Parco svanito alla Strada degli scrittori, dalla Strada non fattibile (secondo una recente intervista dell’onorevole Firetto, almeno nei termini e nei modi in cui in precedenza con clamore nazionale era stata abbanniata financo sul potente e autorevole "Corriere della Sera") all’acquisto delle case di Sciascia(il cui caso scoppia solamente perché messe in vendita invece di rientrare a tutto titolo nel Parco letterario)...

Insomma, quelle che avrebbero potuto dimostrarsi tappe di un percorso virtuoso, produttivo, stabile e duraturo, si sono dimostrate soste di un cammino un po’ superficiale.  Strutture ricettive tra cui B&B tematici, ristoranti, alberghi e altro non ne hanno tratto i benefici che avrebbero potuto, con ricaduta positiva per l'economia del paese. Ma non si tratta certo solo di economia.  Facile il pensiero suggerito: “Chi inizia tanti percorsi non farà un cammino”, diceva Gandhi.

Non si vuole accusare nessuno, semmai capire per ricominciare senza ripetere gli errori del passato, in quest’ottica e solo in quest’ottica, una ricognizione storica dei comportamenti tenuti da tanti intellettuali, concittadini e politici orbitanti nella galassia della Fondazione Sciascia potrebbe essere di una qualche utilità; alcuni materiali si sono proposti ex novo mentre altri son venuto raccogliendo in questo blog: basta cliccare il tag “Fondazione Sciascia”.

In generale, se si osservano le scelte,  i comportamenti, le parole dette o non dette, gli interventi scritti o non scritti, emergerà per ognuno un filo rosso che rimanda ad una diversa visione culturale nella gestione dei fatti culturali a Racalmuto e della fondazione e di Sciascia in particolare. Ciascuno è libero di pensarla come vuole e di sostenere chi vuole, l'importante è definire le varie posizioni, dichiarare le proprie opzioni  e assumersene la responsabilità. 

Indipendentemente da ciò che si sostiene una cosa ci insegna la nostra storia recente:   non si può certo ricominciare con l'investitura sui giornali di nomi anche validi, saltando tanti passaggi,  dibattiti, gli stessi nominativi proposti da Sciascia e non ultimo il (silente e forse deluso) direttore letterario Antonio Di Grado, escluso negli ultimi importanti eventi culturali con riflessi "politici" tenutisi proprio alla Fondazione al tempo dei commissari; l'esperienza delle elezioni amministrative che ci siamo lasciati alle spalle insegna che questo metodo non porta a grandi risultati.




Infine, una riflessione come post scriptum.
Sciascia, l'illuminista, l'irriverente,  il critico, il libero pensatore Sciascia aveva proposto di intestare la Fondazione non solo a lui ma anche al monaco eretico fra Diego La Matina assurto, in Morte dell'inquisitore,  a simbolo del libero pensiero, non vorremmo che, invece, visti gli ostracismi mediatici e gli editti bulgari messi in atto, con l'indistinta firma di uno pseudonimo,  da un certo giornale a cui i suddetti nominativi collaborano, di cui sono fondatori o colonne portanti,  e da cui non hanno preso minimamente le distanze,  si facesse assurgere la Fondazione Sciascia di Racalmuto, seppure vegeta e pimpante, a nero simbolo di oscurantismo inquisitoriale, un piccolo Steri insomma.  Con echi più recenti in sottofondo: "Questo cervello per vent'anni non deve funzionare". Sarebbe come tradire Sciascia nello spirito: una Fondazione viva con un pensiero morto (meglio smorto). Altro che paese della ragione!


Immagine scannerizzata del quadro di Pippo Bonanno




Foto proprie

giovedì 14 novembre 2013

CARA FONDAZIONE, TI SCRIVO



In attesa delle messianiche realizzazioni, la Fondazione Sciascia potrebbe incominciare col valorizzare ciò che ha di importante, dalle sue carte. Insomma, da se stessa. 


Intanto, il nipote di Sciascia pubblica (o pubblicizza?) le lettere della Fondazione Sciascia: vero incipit dell'affaire.




Dopo la prima pressoché deserta, alla seconda riunione del consiglio di amministrazione della Fondazione Sciascia a cui ho partecipato nel 2007, in quanto assessore alla cultura del comune di Racalmuto e quindi membro di diritto della Fondazione stessa, si è discusso sul regolamento per la consultazione dei libri della biblioteca  ma soprattutto delle carte dell'archivio; ad un certo punto venne letta per l'approvazione una bozza di regolamento precedentemente elaborata, in particolare, riguardo alla corrispondenza sciasciana se ne disponeva la consultazione in loco da parte degli studiosi ma per richiedere la fotocopia di qualche lettera si doveva fare richiesta scritta a due membri del consiglio di amministrazione ovvero ai due generi di Sciascia facenti parte del consiglio di amministrazione.

Chiesi a questo punto se la richiesta si doveva fare esclusivamente a loro due in quanto semplici membri sostituibili con altri o a loro e a loro soltanto in quanto generi di Sciascia. La differenza non era di poco conto: nel primo caso risultava che le carte venivano date alla Fondazione per farne il libero uso che credeva, nel secondo caso significava che Sciascia alla Fondazione non aveva dato le carte ma semplicemente la taliatìna delle carte. Perché il vincolo altrimenti a una donazione?





Obiettai, tra l'altro, che una tale procedura era difficoltosa, immaginando che uno studioso olandese o tedesco o spagnolo piombato a Racalmuto per consultare e fotocopiare qualche lettera dovesse inviare una richiesta scritta a Palermo dove vivono i generi e attendere la risposta. Proponevo pertanto di non vincolare la facoltà di concedere il permesso di fotocopia ai due generi ma genericamente a due membri del consiglio di amministrazione di volta in volta designati, a prescindere che fossero o meno generi di Sciascia. La figura del Direttore letterario sarebbe stata consona e perfetta.
Proposi inoltre quanto segue:  che la Fondazione si riservasse il diritto di renderle pubbliche  con tutti i vantaggi per il conseguente ritorno di immagine ed inoltre di farne una pubblicazione cercando di  ricavarne un guadagno quale forma di autofinanziamento.




Sorvolo sulle reazioni alla prima proposta; per quanto riguarda la seconda ovvero la pubblicazione, il consigliere Catalano fece notare che la pubblicazione si poteva fare solo se gli eredi degli autori delle lettere inviate al destinatario Sciascia  ne concedevano l'autorizzazione e cedevano i diritti, al che suggerii di contattare i vari eredi per i conseguenti permessi e consensi. Questo nel 2007, siamo nel 2013, in tutti questi anni qualche erede si sarebbe potuto contattare.
A prescindere dalla pubblicazione e dal permesso di fotocopiarle, con queste lettere quanti convegni tematici si potevano e si potrebbero organizzare ravvivando la funzione di stimolo della Fondazione nel dibattito nazionale e internazionale riguardanti tante problematiche letterarie, sociali, artistiche, politiche? 
Nel comitato scientifico voluto originariamente da Sciascia c'è il prof. Antonio Di Grado, critico,  professore universitario e con le adeguate competenze per assolvere egregiamente a tale ruolo (eppure chissà perché assente in Fondazione nelle importanti assisi del 24 luglio 2012 e dell'11 novembre 2013).
Questo l'assunto di quanto dibattuto nella riunione di cui sopra, il cui verbale però non ho avuto ancora  la possibilità di consultare materialmente o di averne copia.



Invece, a fronte delle originarie proposte e delle successive proposte, assistiamo oggi alla pubblicizzazione delle lettere di Enzo Tortora, di proprietà della Fondazione Sciascia, non alla Fondazione da parte della Fondazione ma da un privato giornalista in uno studio televisivo durante un programma nazionale, dove le lettere vengono presentate come una rivelazione, come uno scoop. Ma scoop con ritorno di immagine a favore di chi? E perché ora? E la Fondazione che ci sta a fare? E l'accattivante convegno che si poteva organizzare per il lancio delle lettere dov'è? Aspetteremo altri scoop in altri studi televisivi e da parte di chi? in favore di chi? Non per richiamare un anacronistico ius primae noctis, ma ciò non rappresenta un depauperamento dei documenti che andrebbero invece "spesi" dalla Fondazione in forza del loro essere unici ed inediti?

E' vero che in questi anni, ai fini di una dinamica programmazione e organizzazione di eventi, alla Fondazione sono venuti meno, per ragioni anagrafiche, alcuni componenti originariamente designati da Sciascia e che altri non possono dare, ormai da anni, molti anni, il loro contributo per la lontananza geografica e personali impegni; è vero purtroppo che si trova in ristrettezze economiche; ma appunto per questo deve aprirsi a nuove forze, a nuovi contributi, a nuove risorse economiche ed intellettuali. 
Diversamente, i commissari, in quanto reggenti pro tempore, possono soltanto coordinare le forze, le figure, le persone attualmente a disposizione né possono inventarsene altre, stando allo statuto: un po' ingessato e datato a dir la verità e ad osservarne la fenomenologia attuativa.




Eppure, a proposito di carte e documenti da cui siamo partiti in questa riflessione, con l'archivio che si ritrova, assieme ad altre idee ed iniziative, alcune delle quali rimaste lettera morta o semplice proposta nei consigli di amministrazione, quali l'invito sistematico delle scuole intestate a Sciascia e il percorso turistico cittadino appositamente strutturato, la Fondazione potrebbe sfruttare la potenziale ricchezza documentaria per pubbliche letture, suscitare utili dibattiti, movimento e interessi intorno a sé e  magari così operando sensibilizzare istituzioni ed enti nazionali ed europei, imprenditori, che possano sostenere una istituzione culturale percepita come viva, dinamica e che di conseguenza (sempre questo ci è stato prospettato) possa creare finalmente e fuor di retorica positivi processi economici, magari realizzando programmati flussi turistici.
Ma non solo carte, ovviamente. 
C'è un mondo intorno alla Fondazione o se si vuole un paese, una provincia, anzi, due, con mille opportunità. Dovrebbe esserci financo un Parco letterario.  
Né mancano le strade superveloci per gli spostamenti.




 Le lettere presentate in tv





Foto © Piero Carbone

venerdì 11 ottobre 2013

COME SVANISCE UN PARCO LETTERARIO IN SICILIA. Riflessioni di Iolanda Salemi



Ciao Piero, ho scritto sul Parco letterario "Regalpetra", per cercare di riprendere questa attività, se lo vuoi pubblicare sul tuo blog mi farebbe piacere. Cerchiamo di non far morire questa nostra Regalpetra, ma parliamone sempre. Iolanda Salemi.








Che fine ha fatto il Parco letterario "Regalpetra"?

di Iolanda Salemi

Non molti sanno cosa siano i Parchi Letterari, e pochissimi sanno che ne esiste uno a Racalmuto, intitolato a Leonardo sciascia, “ Il Parco letterario Regalpetra”.

Ma di cosa stiamo parlando? che cos'è questo parco letterario? Il Parco letterario nasce da un'idea di Stanislao Nievo ( nipote di Ippolito Nievo) il quale è convinto che l'opera di ogni autore non può essere considerata al di fuori del suo contesto ambientale, ma è profondamente radicata nel territorio. Sia perché l'autore nasce e si forma in un dato ambiente, sia perché ambienta le sue opere in un dato luogo. In alcuni autori, più che in altri, questi luoghi sono reali e riconoscibili, pertanto possono essere valorizzati medianti itinerari e sfruttati turisticamente. In Sicilia ci sono sette Parchi intitolati a : Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Quasimodo, Verga, D'Arrigo, Vittorini e Sciascia.

Le opere di Sciascia sono colme di riferimenti a luoghi reali, la Regalpetra di cui ci parla è un luogo geografico esistente, che non è solo Racalmuto ma un territorio ben più vasto che arriva fino alla provincia di Caltanissetta, che ha le stesse caratteristiche di vari paesi dell'entroterra siciliano, accomunati dal silenzio del paesaggio e dall'arsura. E' il mondo arido delle campagne, il mondo delle miniere, anche questo caldo e soffocante, dove si muovono minatori, con occhi asciutti che vedono nel buio, ed estraggono la vita dalle vene della terra, vita e morte, ricchezza e sofferenza. Lo zolfo è la rinascita per il paese ma anche la morte di tanti minatori.






Il Parco Regalpetra si estende tra Racalmuto e Caltanissetta, la sede doveva essere la Fondazione e il Castello Chiaramontano, con i fondi di una sovvenzione globale era stato acquistato un elegante e studiato arredamento, funzionali espositori dovevano contenere elementi del mondo minerario, che fine hanno fatto?
Al castello si doveva collocare una Biblioteca Tematica, incentrata sul territorio, sul mondo minerario e contadino, sull'antropologia culturale e le tradizioni popolari, sulle feste religiose... Alcuni libri erano già arrivati, io stessa li avevo registrati e catalogati.

Scopo principale del Parco era quello di ricreare attraverso degli itinerari turistici, quelle atmosfere che hanno impregnato il testo letterario di Scascia. L'itinerario doveva essere una sorta di viaggio sentimentale, attraverso le pagine della letteratura e attraverso quei luoghi che diventano preziosi, perchè patrimonio culturale da valorizzare e proteggere.
Il viaggio sentimentale è una rappresentazione fatta da attori o cantastorie, che recitano o narrano quei brani ambientati negli stessi luoghi descritti dall'autore. Ad esempio: riprodurre al Circolo Unione quell'atmosfera degli anni '50, come è descritta tra le pagine delle “Parrocchie”, e recitarvi brani attinenti, o recitare pezzi di “Morte dell'Inquisittore”, nelle Grotte di Frà Diego ecc...




Infine il Parco doveva essere uno strumento capace di mettere in moto un percorso di crescita culturale, ed anche economica, perchè avrebbe sviluppato una serie di attività collaterali.
Avrebbe portato alla conoscenza dei luoghi peculiari estranei ai circuiti turistici di massa.

L'itinerario turistico doveva snodarsi tra la casa natale dello scrittore, il teatro, che tanto amava, il circolo, le chiese, le grotte di Frà Diego, il viaggio in treno per Caltanissetta, dove Sciascia trascorse la sua giovinezza e compì gli studi, il mondo delle zolfare e delle saline, delle campagne, delle masserie, dei borghi delle robbe, le feste religiose, da cui traggono spunto le sue riflessioni antropologiche; insomma un percorso attraverso Regalpetra.
I prodotti del Parco dovevano essere quelli tipici della natura, i manufatti della cucina tradizionale, i prodotti artigianali, ciò avrebbe dato modo a molti operatori del settore di lavorare. Perhé è tutto svanito nel nulla?

Anche se l'attività di questo Parco non si è mai sviluppata, per ragioni che non sto qui ad indagare, ciò non toglie che i concetti, le idee, gli obiettivi, siano ancora validi e realizzabili.

I luoghi di Regalpetra meritano di essere conservati attrezzati e resi fruibili, è un modo per dimostrare che la cultura non è una roba sterile, fatta di letture solitarie, ma è una cosa che può contribuire allo sviluppo economico di questo paese. Una serie di progetti che ho proposto ad illuminati e lungimiranti amministratori, ammuffiscono nei miei cassetti.

Spero che queste mie parole non cadano nel vuoto dell'oblio, e non vengano considerate una mera esercitazione, ma siano lo spunto per riflettere, progettare, proporre, e realizzare.



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