Sollecitato da un’immaginaria lettera di Calogero Taverna a
Padre Puma, apprezzando l’iniziativa e sollecitato anche dalle domande di
Carmelo Rizzo, ho colto l’occasione per rievocare con piacere alcuni
particolari.
La lettera di Calogero
Taverna:
Caro, carissimo padre Puma (indirizzo: Regno dei Cieli) noi
siamo stati amici dal 10 ottobre 1945 sino al giorno della tua dipartita. Sai
quanto ti ho voluto bene. Pensa a quanto soffro nel vedere autoproclamatisi
santi in terra bistrattarti. Tu hai riconsegnata dignitosa e se non bella degna
di un paese mezzo eretico e mezzo bigotto questa nostra matrice. Altri non
vogliono che tu sia ricordato e confinano una targa fornita da costruttori a
tua memoria in un angoletto in basso dietro un'anta del paravento dell'ingresso
principale in modo che nessuno la veda. Non c'è verso di far porre rimedio a
questa profanazione a questo irriverente gesto. Non potresti far mandare un
qualche arcangelo per un lieve ammonimento?
Carmelo Rizzo:
Mi ha commosso questa bella lettera inviata al nostro carissimo P. Puma ...sono
stati tantissimi ad amarlo... i racalmutesi sono gelosissimi dei propri
sentimenti, preferiscono tenerli dentro, non esternarli, ma l'affetto per P.
Puma è ancora grande!
Piero Carbone:
Quando l’amministrazione comunale gli ha organizzato la mostra, da me curata,
era felice come un bambino; sollecitato dall’evento, s'è messo a dipingere
ravvivando i colori: il precedente incontro con il pittore Pippo Bonanno diede
i suoi cromatici frutti; le foto che lo ritraggono alla Fontana di novi
cannola, ai piedi del Castelluccio, nel gabinetto del sindaco davanti a un
quadro del Bonanno, scattate apposta per il catalogo, risalgono a quel periodo.
Poco prima dell'inaugurazione venne a
confidarmi sconsolato che l'avevano criticato proprio per la mostra con
motivazioni apparentemente evangeliche: si mettesse a fare opere di carità,
piuttosto! Mi ha fatto impressione tanta vulnerabilità. Lo incoraggiai come
potei, con la parabola dei talenti. La pittura è un talento anche per un
prete. La
mostra riuscì benissimo. Intervennero mons. De Gregorio e Il vescovo Ferraro da
Agrigento, il maestro Bonanno da Palermo, e tanta altra gente. Non ricordo se
lo fecero i confratelli.
Carmelo Rizzo:
Piero...correva l'anno.....
Piero Carbone: Correva
l’anno 1991, la mostra si tenne all’Auditorium Santa Chiara dal 5 al 16 luglio. In concomitanza con
l’inaugurazione della mostra, Racalmuto ospitava tanti illustri personaggi
della politica, della magistratura e del giornalismo, impegnati nel convegno
intitolato “Il paese della ragione”. Padre Puma fu oltremodo compiaciuto percé alcuni
di quei personaggi, tra cui gli onorevoli Mannino e Martelli, visitarono la sua
mostra.
Carmelo Rizzo:
...quadri del P. Puma sono a..........
Piero Carbone: Non
saprei, attualmente potrebbero trovarsi presso gli eredi, ma sarebbe
auspicabile che i quadri di un pittore fossero visibili, come si dice,
fruibili. Così come la musica va ascoltata, la pittura va guardata e ammirata. Certi
quadri, poi, certe immagini, entrano nell’immaginario collettivo, e non si
possono pertanto relegare in esclusiva entro quattro pareti. Mi
piacerebbe vedere il Cristo coronato di spine realizzato a carboncino ai tempi
del Seminario o i piccoli ritratti a matita di suo papà e di sua mamma o
“Incontro dei popoli” del 1972, e infine il “Sogno di Giacobbe”, acrilico dipinto nella vecchia e ormai
abbandonata casa paterna, completato con
affanno, per la mancanza di tempo, alla vigilia dell’inaugurazione della
mostra. Davanti a questo grande quadro (cm 1,45 X 2,45) composto come un
onirico sogno rossoaccceso con turbe di candidi angeli e un assorto Giacobbe in
altrettanta candida veste, dissertò animatamente con Pippo Bonanno di teologia
e di pittura.
Calogero Taverna:
I confratelli non applaudirono: borbottarono di brutto. Bonanno fu aspretto. Mi
sono permessa una controcritica: naturalmente nessuno l'ha pubblicata. Prima o
poi lo farò io direttamente.
Piero Carbone: Non
sapevo di questa controcritica, anche perché non è stata finora pubblicata.
Nell’attesa di leggerla, alcuni pensieri critici riportati nel catalogo della
mostra intitolato “La natura delle
cose”, potrebbero fornirci utili prospettive per comprendere meglio le ragioni
e i vagheggiamenti di un pittore e del suo pittare.
Calogero Taverna:
…a lu Cannuni potrebbero rifare la mostra del defunto pittore PUMA ALFONSO
Piero Carbone: E
perché no?
Testimonianze critiche:
“A San Basilio Magno si attribuisce il pensiero che i pittori
facciano con i pennelli ciò che gli oratori sacri fanno con la parola:
evangelizzano. […] Un sacerdote, vermente artista, può arricchire il suo
‘ministerium Verbi’ o prestargli risonanze complementari…”. Agrigento, 15 giugno 1991. Carmelo Ferraro, Vescovo.
“Ché le tematiche rimangono saldamente legate alle grandi radici
culturali dell’artista. Ed è questa la nota più apprezzabile della pittura di
Alfonso Puma. Dalla quale traspare, tutto sommato, il desiderio e l’intenzione
di correre liberamente per i sentieri perigliosi del colore (senza però perdere
mai di vista la finalità del percorso)”. Palermo, 31 maggio 1991.
Pippo Bonanno
“Attualmente tra i sacerdoti agrigentini non sono numerosi i
cultori dell’arte e della poesia, gli artisti e i poeti: l’arciprete Alfonso
Puma è certamente fra i più notevoli per ricchezza e varietà di opere, per
novità ed elevatezza di arte. In una città,
come Racalmuto, ricca di arte, in cui aleggia ancora, nella magia delle sue
luci e dei suoi colori, l’atmosfera incantata del Monocolo, egli, fin
dall’infanzia, avertì in sé e armoniosamente coltivò ed aiutò a crescere, i
germi della vocazione artistica e sacerdotale e già nel Seminario di Agrigento,
durante i suoi studi, cominciò non solo a mostrare, ma a realizzare i suoi
talenti artistici, imitando e copiando, da autodidatta, i grandi maestri,
individuando e discernendo sempre la sua vena poetica che si effuse e sviluppò
in seguito, producendo numerose e belle creazioni artistiche che avvincono e
conquistano, suscitando in chi le ammira, una spontanea e sincera
partecipazione, un profondo godimento estetico, una scossa salutare invitante e
richiamante ad uno stacco dal contingente, dal tempo, per attingere
l’eterno”.
Agrigento,
14 giugno 1991. Mons. Domenico De
Gregorio
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