domenica 6 dicembre 2015

UN VESCOVO VISTO DALL'ALTO. Insediamento di Don Corrado Lorefice nell'Arcidiocesi di Palermo





Palermo, sabato 5 dicembre 2015, ore 16.00 circa.
Per una coincidenza veramente fortuita, mi sono ritrovato a fotografare dall'alto, da uno dei balconi del Palazzo delle Aquile, l'insediamento del nuovo arcivescovo di Palermo, mons. anzi non ancora monsignore ma semplicemente sacerdote, parroco di una chiesa a Ragusa, padre Corrado Lorefice, 53 anni.




Questo papa è fatto così, come aveva fatto notare il sindaco Orlando qualche ora prima nel salutare i convegnisti riuniti al primo piano di Palazzo delle Aquile, nella Sala delle Lapidi: nomina cardinale l'arcivescovo di Agrigento che non è sede cardinalizia e arcivescovo di Palermo, che è sede cardinalizia, uno che ancora non è vescovo. 
Il segno è forte. Speriamo bene. 


Ma dall'alto si poteva notare che Piazza Pretoria non era pienissima, notavamo e commentavamo con Michela Sacco Messineo, una delle relatrici al convegno meliano. Brutto segno? 


Forse la gente era in cattedrale ad attenderlo visto che dopo l'accoglienza del sindaco sul palco montato davanti alla chiesa di Santa Caterina vi si sarebbe recato per la consacrazione e finalmente sarebbe diventato ufficialmente il successore del settantasettenne mons. Paolo Romero.
Chissà quali erano i pensieri del neoarcivescovo, già parroco della chiesa intitolata a San Pietro, il capo degli apostoli! Un segno anche questo? 
Ma quando si dice le coincidenze: nel momento in cui don Corrado, al termine del suo discorso, dal palco lanciò in aria augurali palloncini colorati, uno stormo di uccelli a forma di oblunga nuvola scivolò di corsa lungo il quadrato di cielo sopra Piazza Pretoria scomparendo in direzione dei Quattro Canti e corso Vittorio Emanuele dove si trova la Cattedrale!
Se quegli uccelli fossero state concretizzazioni di astratte anime chissà perché vi avrei voluto scorgere quelle di mons. Salvatore Pappalardo, storico cardinale di Palermo, e di mons. Cataldo Naro, saggio e colto vescovo di Monreale. 



Non saprei dire altro di concreto perché mentre la piazza si svuotava e la gente al seguito di don Corrado si avviava verso la cattedrale, sono rientrato nella Sala delle Lapidi dove si stava svolgendo il convegno su Giovanni Meli nel bicentenario della sua morte. Ricorrenze. Coincidenze. 


Chissà cosa avrebbe pensato e scritto il poeta Meli che si faceva chiamare abate?



Supporta d'iddi li difetti, e dici
Dintra te stissu: eu puru àju li mei;
Semu tutti macchiati di 'na pici.

Si provi traversii, disastri rei,
Nun t'avviliri ma fatti coraggiu,
Nè sfugari cu l'autri li nichei.

Duvi regna la discordia tu da saggiu
Porta la paci: nun ti vindicari
Chi cu li benefici di ogni oltraggiu.

Riprendi senza asprizza, e si a lodari
Lu meritu t'invita, la tua lodi
Sempri luntanu sia da l'adulari.

...






Lu to discursu sia sempri adattu
A chiddi cu cui parri, e teni cura
Di nun nesciri mai di siminatu.

'Ntra li discursi toi risplenda pura
La verità. Sinceru, a l'occhi mei,
Lu facchinu dà nobili figura:

E da vili figurano e plebei
Li  magnati si su' finti e buggiardi;
Fidanu supra la bugia li rei.
...







Di nun smentiri cu li fatti cura
La lingua tua: si impegni la parola
Sia chista inviolabili e sicura.

Prima però chi di la vucca vola
Zoccu prometti, masticalu beni,
Riflettilu e profitta di sta scola.

Un gratu abbordu e affabili susteni,
Non già familiari, ma decenti,
E francu cu qualunqui chi ti veni.

...



Ama, ama senza intressu, ed ogni offisa,
Senza puntu avviliriti, perduna;
Cussì un'anima granni si palisa.

...

Sii lu modellu di li cori boni

...

Giovanni Meli, Avvertimenti morali e politici.



Link correlato: La notizia sui giornali


















Ph ©piero carbone (Palermo, 5 dicembre 2015)

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