domenica 25 ottobre 2015

GLI ALTRI SANNO I "NOSTRI" PENSIERI CHE NOI NON SAPPIAMO. Secondo Smaragdos

Dubbio gnoseologico: possiamo non pensare i nostri pensieri?


...e può capitare, dai giornali o dal web, di apprendere di noi stessi pensieri che mai abbiamo partorito; 
crucci che non ci hanno per niente sfiorato;
 "entusiasmi" dei quali non ci eravamo accorti e non ci avevano scaldato;
sconosciute paturnie che ci avrebbero dovuto deprimere;
propositi che non abbiamo minimamente "esternato";
ripicche, non sia mai!, "minacciate", etc. 
(Mai un etc. della realtà ha lasciato tanto libero sfogo alla fantasia, altrui). Quante cose ci vengono attribuite senza che noi ne sappiamo niente!

Soltanto infondata e inane attribuzione di intenzioni?
Sì, fino ad un certo punto e fino ad un certo punto ci sarebbe da ridere, se si lasciano però da parte proverbi pertinenti la maldicenza e ogni altra tempistica paremiologica sul ridere, irridere e dintorni. 

Occorre prudenza, meglio evitare, perché un certo genere di parole si deve maneggiare con cura: non ci sarebbe nulla da ridere se per ipotesi nei proverbi o modi dire si dovesse scambiare inavvedutamente una vocale con un'altra, mettiamo una i  con una a, come nel seguente modo di dire, ad esempio, che i bambini cantilenavano ad altri bambini per rintuzzarli se si sentivano offesi:


Palori di canìglia, cu li jetta si li piglia. 
(Parole di cruschella, chi lancia maldicenze a sé le spiattella).
Palori di canaglia cu li jetta piglia paglia.
(Parole di canaglia etc.)

Smaragdos, Lo scornabecco non è un animale. Parainedito.


Immagine:
Pietro D'Asaro "Monoculus Racalmutensis", "Ultima Cena" (1622). Olio su tela, cm. 205 x 310. Particolare.
Palermo, Galleria Regionale della Sicilia Palazzo Abatellis. Provenienza: Palermo, Convento di S. Maria di Gesù.

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