venerdì 29 maggio 2015

IL CASTELLUCCIO OCCHIUTO E VISIBILE A TUTTI. Excursus storico di Angelo Cutaia



GIBILLINA - IL CASTELLUCCIO SVEVO
DI RACALMUTO
di
Angelo Cutaia

Castelluccio è la denominazione attuale della torre-palazzo sveva nei documenti indicata Gibillina; la Giblina del Fazello.
Un tetragono parallelepipedo di roccia, dalle perfette proporzioni geometriche, che a tal punto è immedesimato col territorio da sembrare generato dal costone roccioso dal quale emerge, come i cristalli di celestina fuoriescono dalla matrice.

   
Saliamo sulle sue mura  e  godiamoci una incomparabile vista, dalle Madonie al Mare Africano, dall’Etna ai Monti Sicani.




La probabile torre preesistente venne chiamata Gibillina a causa della sua posizione, a quota 720 m. l. m., sulla cima di un monte (in arabo gebel) in seguito detto delli Gibillini.
Fu rimaneggiata (o forse ricostruita)  e ampliata in epoca sveva per essere destinata a sollazzo e masseria.
Il fortino, posto sull’allineamento dei castelli di Mussomeli (analogia costruttiva dei muri) e Naro (impianto arabo-normanno), è ortogonale a quello di Racalmuto, del quale costituisce il battifredo.
Adiacente alla trazzera medioevale idrisiana Sutera-Girgenti (resti di aggiacatu nei pressi) domina e sorveglia l’Alta Valle del Platani e buona parte della Sicilia centro meridionale. E’ in contatto visivo con i castelli di Caltanissetta, Enna, Mazzarino, Naro, Favara, Agrigento, Caltabellotta, Torre del Salto, Guastanella, Muxaru, Rocca Motta, Cammarata, Monte Conca, Sutera, Mussomeli, ecc., fungendo da ponte ottico per la trasmissione dei messaggi.

Presenta caratteristiche architettoniche tipiche del periodo normanno-svevo:
-       visibile da grande distanza per “marchiare” il paesaggio;
-       posizione dominante e panoramicità;
-       pianta rettangolare con lati di base che sono proporzionati secondo la divina proporzione del numero aureo 0,618;
-       pareti piane e lisce e forma parallelepipeda;
-       notevole spessore dei muri portanti realizzati in pietra e malta di calce;
-       volte reali in conci calcarei al piano terra;
-       corsi orizzontali di pietre sbozzate da un lato nei muri esterni;
-       cantonali in calcarenite tagliati a fil di sega;
-       feritoie ogivali strombate;
-       latrine ricavate nello spessore dei muri esterni;
-       concio della chiave di volta diviso secondo l’asse verticale di simmetria.
Il superstite gruppo di lecci (aglianni) della parete nord del monte, potrebbe costituire il relitto di un più vasto impianto boschivo, annesso al piccolo forte per utilizzarlo in tempo di pace come residenza venatoria.




Nel secolo XIV passa in potere della famiglia Chiaramonti, alla quale viene erroneamente attribuito il suo ampliamento.
Confiscato da Re Martino nel 1392, assieme ad altri domini chiaramontani fu devoluto a Guglielmo Raimondo Moncada conte di Caltanissetta ed in seguito, per la fellonia di questi, assegnato a Filippo De Marinis signore di Favara.
Nel 1561 Ferdinando De Silva, marchese di Favara, sposa una De Marinis e  prende possesso del Castelluccio  ricevuto per atto dotale.
Nel 1568 Maria De Marinis acquista il castello e 2/3 del feudo Gibillini. Il restante terzo formò il feudo della Balatazza, sul quale sorse nel 1635 il comune di Montedoro.
Nel 1615 Beatrice De Marinis e Sanchez De Luna vendono il feudo e la fortezza a Luigi Arias Giardina, principe di Santa Ninfa e Ficarazzi.
Nel 1798 Giulio Antonio Giardina e Grimaldi, principe di Ficarazzi, concede in enfiteusi il solo feudo al sacerdote racalmutese Nicolò Tulumello.
Diego Giardina Naselli fu l’ultimo feudatario fino al 1812, anno dell’abolizione del feudalesimo.
Nel 1862 vi si asserragliarono quattrocento rivoltosi filoborbonici. Erano giovani racalmutesi che protestavano contro la leva forzosa.
Durante l’ultima guerra fu saccheggiato degli infissi e del tetto.
Negli anni Cinquanta uno dei fittavoli cede la campana della chiesa di S. Gaetano alla chiesa rurale del Serrone ed asporta, dall’alloggiamento visibile sopra l’ingresso principale, uno stemma ormai illeggibile.
Nel 1971 i fittavoli lo usucapiscono dai numerosi eredi dei principi Trigona di S. Elia.
Nel 2002 viene acquistato dall'ing. Angelo Cutaia  che inizia i lavori di consolidamento e protezione.

Racalmuto,  7 Maggio 2015


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Ph ©piero carbone

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