domenica 15 giugno 2014

SCRIVERE SUI SICILIANI. QUASI UNA MALATTIA

Il siciliano Salvatore Di Marco, compilando una lista provvisoria e suscettibile di ulteriori integrazioni (l'articolo infatti risale ad alcuni anni fa),  scrive sui "siciliani che scrivono sui siciliani". E li bacchetta.




L’inutile scienza delle sicilianerie e i suoi sacerdoti
di
 Salvatore Di Marco

Diciamocela tutta: se c’è una categoria di siciliani di cui fortemente diffidare (mafiosi a parte) è quella - forse in “ex aequo” con le consorterie isolane dei politici di carriera - dei siciliani che scrivono sui siciliani: dovunque ne scrivano e comunque lo facciano, dicendone in bene o dicendone in male.

Chi sono? Vogliamo fare un po’ di nomi?




Impossibile, perché sono tantissimi: nomi illustri, celebrati, e nomi grigi delle retrovia. 
Che si chiamino Luigi Capuana o Luigi Pirandello, Giovanni Gentile o Sebastiano Aglianò, Leonardo Sciascia o Vincenzo Consolo o Sebastiano Addamo, Fulvio Abbate o Giosuè Calaciura, che siano di questo secolo o dell’Ottocento, del Settecento o ancora prima: prendetene uno a caso, guardate bene tra le sue carte, e se non ha ancora scritto la sua minchiata sui siciliani, i casi sono due. O prima o poi lo farà, oppure è un figlio delle gallina bianca.



Al genere letterario “siciliani-che-scrivono-sui-siciliani” nessuno ha dato un nome; si potrebbe provare con la parola sicanologia visto che il termine di “sicilianerie” coniato da Gesualdo Bufalino riguarda i contenuti della materia e non la materia stessa. E non parlatemi di sicilitudine che è una brodaglia dove tutti hanno inzuppato il loro boccone di pane.

Abbiamo però capito che quelli della “categoria” sono scrittori e giornalisti, sociologi e intellettuali, cattedratici e letterati, i quali hanno un debole per questa inutile scienza della sicilianeria. 

Se, per esempio, Tomasi di Lampedusa ha il merito di avere scritto Il Gattopardo, che è un grande romanzo, ha la colpa di averlo inzaccherato con idee strambe sui siciliani, che ormai tutti conosciamo a memoria poiché sono entrate nel corredo culturale delle sciocchezze che ogni intellettuale, non esclusi i professori di liceo e i ragionieri, ama citare come ciliegine sulla torta. 

Roba che ormai la Sicilia esporta e che viene riciclata da una categoria di intellettuali non siciliani per confezionare libri e carriere: in questo momento, per esempio, un illustre esemplare di studioso sicilianista è Massimo Onori per il quale una buona metà degli scrittori siciliani è collusa con la mafia mentre l’altra metà magari lui non la conosce e perciò resta in attesa di giudizio.


Il fatto è che i siciliani dei letterati non c’entrano nulla con i siciliani veri, quelli partoriti da donna dopo nove mesi di gravidanza e poi iscritti all’albo dell’ anagrafe. 

Sicché, mentre la Sicilia della realtà quotidiana vive e lavora come si fa generalmente in Val d’Aosta o in Basilicata, nel Friuli o lungo il Tavoliere delle Puglie, in Ciociaria o in Val Brembana, o magari nelle città della Catalogna o del Texas, e la sua gente è alle prese con l’impegno faticoso di sbarcare il lunario per la famiglia e per la storia, loro - quelli della categoria - scrivono, scrivono di come sono fatti i siciliani e di come bisognerebbe magari rifarli di sana pianta, scrivono su come ammaestrare il popolo isolano e i suoi governi in base a loro personalissime ricette affinché ogni malanno sociale sia portato finalmente a guarigione.


Insomma loro, quelli della categoria, scrivono e basta, come fece nel Cinquecento il poeta messinese Scipione De Castro per dare avvertenze sul modo più efficace di governare questi irriducibili siciliani, ponendosi in tal modo come il capostipite di questa secolare categoria.

E meno male, tutto sommato: poiché, se come parlano e scrivono, volessero pure agire quelli della categoria, sarebbero una calamità non meno perniciosa dei siculi politici di carriera i quali, quando sfasciano le cose, lasciano ben poco ad altri che possa essere sfasciato.
Perciò da questi ci salvi Iddio, ma, per favore, che il Padreterno non si dimentichi dei siciliani che scrivono sui siciliani. Amen.


Articolo pubblicato in "Lumìe di Sicilia. Periodico dell' A.CU.SI.F Associazione Culturale Sicilia-Firenze" n. 58 - ottobre 2006 

Ph pierocarbone: Luce e barche ad Aspra.

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