sabato 14 dicembre 2013

ALLE ORATE PREFERISCONO LE ORAZIONI

Sottotitolo un po' meno scherzoso:

SE LA STAMPA VIGILASSE (SEMPRE)!


A costo di smentire Sciascia proprio in casa sua laddove sostiene in modo emblematico la "refrattarietà" dei siciliani al trascendente, non posso non riferire un episodio recente, gravido di riflessioni.



"La notizia dell'abbattimento di una storica chiesetta, svettante sul racalmutese belvedere del "Serrone", abbattimento previsto - a quanto pare - da un galattico Piano Regolatore, fa venire alla mente altre cancellazioni, per altri motivi, con altri silenzi, con altre insensibilità: quella dell'ottocentesca Pescheria di cui rimane come cimelio soltanto una colonna, che ci richiama il ricordo "letterario" di altre, poco onorevoli, colonne.

Ma cosa resterebbe di una chiesa abbattuta che non ha colonne?

Visto il giusto clamore e l'accorrere sdegnato e atterrito sul web in suo favore, a differenza della sparita Pescheria passata sotto silenzio dai mezzi di comunicazione del tempo, resta come un incubo il timore di ciò che resterebbe del paventato abbattimento.


E' pur vero che, in tutta questa faccenda, emerge che i racalmutesi tengono di più alle devote orazioni d'alta collina dentro la chiesetta del Serrone integra che non alle orate di una Pescheria che si trovava una volta in paese, laggiù a valle, e che ora non c'è più."

Vecchie carte, ingiallite

Il  10 dicembre 2013 alle ore 17.51 pubblicavo la sopra citata nota su facebook.
Socializzata anche ai profili facebook "Semplicemente Racalmuto", "Racalmutesi nel mondo", "Uniti per Racalmuto".
A distanza di pochi giorni il pericolo paventato per la chiesetta del Serrone sembra ormai svanito. Grazie a chi o a che cosa?




Una constatazione: la notizia dell'abbattimento ha provocato immediatamente un effetto a catena sui mezzi di informazione e una rivolta, un vero e proprio incendio polemico, sul web da parte di tanti cittadini residenti o sparsi per il mondo in apprensione per una scelta urbanistica ritenuta  "sconsiderata".

Conseguenza: l'impegno delle istituzioni preposte a rivedere la "scriteriata" scelta e la rassicurazione che la chiesetta avrebbe continuato ad accogliere orazioni e funzioni religiose; i villeggianti del Serrone provenienti anche dal palermitano e i racalmutesi tutti avrebbero potuto dormire sonni devotamente tranquilli.

Rammarico: se lo stesso battage polemico ci fosse stato in favore della Pescheria o non sarebbe stata abbattuta o a quest'ora sarebbe stata ripristinata.

Riflessione: se quella volta non ci fu rivolta non fu dovuto all'insensibilità dei racalmutesi ma alla scarsa informazione da parte  dei mezzi di informazione che hanno ignorato o taciuto la notizia. Né qualche isolata voce è stata sufficiente a sollevare il necessario clamore.

E' la stampa, bellezza! si sarebbe detto una volta. Ora per fortuna c'è il web.




4 commenti:

  1. Sacrosanto quello che tu dici, il rammarico che esprimi il monito che lanci. Ma spero che tu convenga con me che c'è abbattimento e abbattimento. Vi sono in cima al picco di Sud Ovest del Serrone due vetuste "casine nobiliari": almeno una io l'abbatterei subito. La memoria storica della fremente e fascista prima metà del Novecento fu molto blanda. Una mulattiera partiva dalla edicola di San Gnisippuzzo snodantesi dalla carrozzabile oggi dedita ai miti dell'antimafia; si inerpicava tra arbusti canori di "amaremi" , un romanticissimo tunnel profumato . arrivava su, planava tra incantevoli belvederi e quindi discendeva sino a questa tanto idolatrata chiesetta del Serrone. Potenti dei primi del Novecento pensarono bene di stendere i segni del loro mediceo arricchimento proprio sul cocuzzolo del Serrone e tagliarono la mulattiera. Abbattere quel casamento privo persino di gusto estetico dovrebbe essere un pungolo di una nuova libera e colta stampa. Aggiungerei che la vigilanza anche se ora affidata a precari della scurezza comunale che tutti quelle strozzature cementizie di quella che la strada dei fiori di ciliegio dovrebbero essere abbattute. Si sa che quando si toccano interessi dei nuovi crestomantici di paese ogni tipo di stampa volge lo sguardo altrove: meglio retrodatare una casupola ecclesiale degli anni ottanta del Novecento a vetusto intoccabile cimelio del Seicento e fingere proficue affabulazioni con sorridenti Commissari dalla imponente stazza poliziesca. Controcorrente invoco abbattimenti di oscene conservazioni. Debbo fare onore ad una fama che pare si va sempre consolidando in paese. Quod est in votis.

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  2. Più che voler abbattere spererei tanto che si riaccendessero i fari sulla storica pescheria da recuperare.

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  3. Più che innocui fari su una fatiscente pescheria, io invece resto abbarbicato all'idea, tutta in positivo, di ricongiungere lo spiazzo del Serrone ad Est con lo spiazzo tra l'ingresso alla villa dell'ingegnere telefonico e le nuove vezzose villette; fare di questo spiazzo dalle ampie visuali a 360 gradi davvero panoramiche un belvedere bene attrezzato, adeguatamente illuminato e farlo divenire un punto di approdo di chi ama fare ancora passeggiate romaniche o salutari quali occorrono a chi ha la fortuna di invecchiare a Racalmuto, non mancando di servirlo di elettrici bus urbani. Progettualità avveneristica certo non maniaco conservatorismo. Io vorrei continuare ad amare Racalmuto non per ricordare quello che è stato (con momenti non sempre memorabili) ma per quello che piaccia o dispiaccia sarà: moderno, avveneristico appunto. C'è da abbattare? ma con gioia, purché si costruisca in meglio.

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  4. Non sono per nulla d'accordo per due ragioni: la prima è il timore di sconquassare e cementificare senza nesso e senza gusto per edificare l'ennesima realtà bella da lasciare al degrado come i parchi gioco esistenti: qualcuno, immerso nel verde e al contempo attrezzato, fin da ora potrebbe essere vissuto come rilassante luogo d'incontro; la seconda ragione è che non sappiamo "vedere" e/o valorizzare l'esistente. Un esempio piccolo piccolo, i locali attigui e sottostanti il teatro, una volta adibiti a stalle con tanto di mangiatoie, sono stati restaurati ma utilizzati a magazzino di cartacce, ferrovecchio e cianfrusaglie: nel marzo del 2008 è stato "faticosamente" e testardamente "liberato" per ospitare dignitosamente una mostra di pittura, i disegni della Via Crucis di Totò Bonanno: i vistatori felici della doppia scoperta hanno ammirato il contenuto e il contenitore, i quadri e l'ambiente tanto caratteristico. Che fine hanno fatto i locali ritrovati? E gli altri locali del castello, sia del secondo piano sia a pianterreno, testardamente "liberati" da ingombri vari e resi disponibili che dovevano ospitare tra l'altro una parte delle carte d'archivio senza dover pagare affitti altrove? E Santa Chiara? E la Hiurera? E Santa Maria incompleta, riaperta forzosamente nel febbraio del 2008 nella speranza, vana e vanificata, di ridestare il progetto di restauro interrotto per completarlo? E la facciata del Castello? Valorizzare l'esistente sarebbe già un bel guadagno per il paese.

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