lunedì 29 ottobre 2012

RITORNO A RACALMUTO




Pippo Bonanno davanti la casa della nonna materna




Mi apre la porta, apprende che sono di Racalmuto e parla festevolmente per due ore con cordiale e antica confidenza, anche se mi dà del lei.
Pippo Bonanno, pittore di origini racalmutesi (il nonno materno si chimava Angelo Sardo e la nonna Giuseppina Petrotto di Raimondo) si illumina nel volto parlando della sua infanzia, di sua nonna, di Racalmuto, sotto gli occhi attenti e divertiti di Nicolò D’Alessandro che me l’aveva presentato.

Il bello, in tutto questo, è che il Bonanno non è stato mai a Racalmuto. Il paese lo conosce – e  lo fantastica – solo attraverso i racconti della nonna, eppure, sembra esserci sempre stato. Parla della Racalmuto di tanti anni fa come un racalmutese anziano o emigrato in America. In realtà, solo una volta di sera, a sessant’anni, ha attraversato il paese, di passaggio, andando da Grotte a Palermo: non ha visto nulla.

Dopo l’immediato approccio, instaurato il rapporto amichevole, mi narra “a saltare” la sua vita. Di tanto in tanto si colora e si vivacizza il racconto per alcuni aneddoti, per alcune parole, per alcuni frammenti della memoria che riaffiorano con gioiosa irruenza. Il tono della voce tradisce violenza emotiva.


Pippo Bonanno al cortile San Nicola con Piero Carbone


La perdita della mamma e l’infanzia palermitana accanto alla nonna, le seconde nozze del padre, a Montedoro, la scoperta della pittura, le subentrate responsabilità della vita, l’insegnamento nelle scuole pubbliche, e di nuovo l’infanzia, i nonni…

Vivido è il ricordo della nonna materna. Figliu miu,  lo chiamava, ma con la f come un’acca aspirata, allo stesso modo aspirato del nostro hiuri o hiumi o Hiumeti. “A messa non mi ci portò mai” ricorda il Pittore. “A domeniche alterne mi portava invece al cimitero dove esclamava forte: - Sorti bbuttàna, - recriminando in tal modo contro la sorte per la morte della figlia (e madre del Pittore) avvenuta in età precoce, a non più di trent’anni.

“Tutti i ricordi racalmutesi passano per mia nonna” precisa. “Questa filastrocca me l’ha insegnata lei: Brigida santa n-ginucchiuni stava / davanti un crucifissu che chianciva. E anche questo modo di dire: Lu suli spuntà a lu Castiddruzzu”  ovvero il sole è effimero e quindi pioverà.
Poi, dinanzi ai suoi quadri, si mette a parlare di pittura. “Nei miei quadri  - dice convinto – c’è l’inquietudine del racalmutese, la problematicità. Vede, c’è, anzi, ci deve essere. Il racalmutese è machiniùsu, è pillicùsu, va addentro alle cose”. E felicemente conclude come non poteva non concludere: “Sciascia, infatti, è di Racalmuto”.

Interpellato come racalmutese e come fruitore dei suoi quadri a dare un giudizio o almeno ad esprimere opinione, io che critico non sono  ma fingendomi tale, confermo che, sì, in quei quadri c’è la problematicità, anzi, c’è inquietudine vera e propria. Non se se però l’inquietudine del racalmutese o quella del pittore che cerca e tende al suo stile, e cercando cercando lo trova.

Posso azzardare, parlando da racalmutese, non da critico, che la soffusa patina rosa della serie di quadri intitolata “Memoria Barocca” simboleggia la lontananza con la quale il Bonanno vede o intravede la Racalmuto raccontata da sua nonna, una Racalmuto trasfigurata con i suoi luoghi e i suoi personaggi: “Il teatro, u Castiddruzzu, u zi Nardu Puma…”.

La Fontana e il Castello detto u Cannuni


Magari sarebbe interessante che il pittore Bonanno utilizzasse questa materia paesana, “infantile”, per piegarla alla sua collaudata tecnica della lontananza. Auspicabile, se fosse possibile indirizzare o anche stuzzicare l’ispirazione, il dipingere altrui. Suggestiona non poco immaginare che le chiese, la scalinata del Monte, il Castello, il Castelluccio, il Raffo, la Fonta, le piazze di Racalmuto, assumano un colore rosato, come al tramonto.

Infine, una certezza ha – e confida – il pittore Bonanno, oriundo di Racalmuto: che i racalmutesi sapranno riconoscrsi nella sua pittura, sapranno riconoscere la loro problematicità in quella dei suoi quadri. Chissà! Intanto, egli sogna e fantastica di un suo ritorno a Racalmuto per appendervi in una stanza quei suoi quadri dove i racalmutesi correranno “certamente” a rispecchiarsi.
E (forse) a riconoscersi.

Palermo, settembre 1988



P.S.
Nel maggio dell’anno successivo Pippo Bonanno realizzerà il suo sogno, quello di “ritornare” a Racalmuto per conoscere i luoghi aviti e farvi una mostra dal 27 maggio al 4 giugno.  Porterà in omaggio un quadro molto simbolico dai colori molto accesi quale pegno di un antico amore.

Il testo sopra riportato è stato pubblicato come presentazione della mostra in catalogo. 


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