domenica 7 ottobre 2012

LA COLONNA NON INFAME


In difesa della memoria smantellata


Per favore non chiamatela nostalgia. Ma va detto: un altro “pezzo” di paese è stato abraso. Chi pagherà mai il conto della memoria collettiva depauperata? Questa nota è da far valere a perenne giustificazione di una colonna apparentemente senza senso: in ghisa, ben sagomata, solitaria e  isolata, non sorregge nulla, come le finte colonne delle chiese barocche, ma il gusto estetico barocco non c’entra per nulla, semmai ad altri ambiti gustativi è da associare. Al gusto dei racalmutesi per triglie e calamari. Ce lo dice la storia.

 

            Il 30 settembre 1891, centoventuno anni fa, il comune di Racalmuto aggiudicava a licitazione privata la locazione della Pescheria “in Via Fontana” al signor Taverna Carmelo “pel prezzo di lire 615.00 annuali”. Accostando al sacro il profano, la Pescheria era addossata al muro della chiesa del Collegio di Maria prospiciente la strada che declina e conduce alla Fontana.  Un po’ più a monte, il mercato di frutta e verdura.
            Non tutti i comuni avevano un tale servizio a quei tempi. 
     Il 17 marzo 2005, forse per facilitare la sistemazione dell’impalcatura, la “storica”  struttura della Pescheria, fatta salva la colonna in ghisa sagomata, rimasta miracolosamente al suo posto, è stata “scancellata”,  smantellata pezzo per pezzo (muretto, mensole in marmo, cancellatina in ferro battuto), con l’acquiescenza dell’amministrazione comunale e, a quanto pare, con l'avallo della Sovrintendenza di Agrigento che di fatto l’avrebbe ritenuta "corpo estraneo" alla chiesa del Collegio di Maria a cui era addossata. 
Ma dopo oltre un secolo, come dimostra il Verbale di aggiudicazione della locazione del 1891, con tanto di sindaco e di segretario comunale ad avallarlo e a sottoscriverlo, non si può dire estranea alla memoria storica di una comunità, di un angolo della Sicilia, di un paese che è anche il paese di Sciascia: indicava una tradizione, un costume, un tenore di vita. Via!  
   

            Forse consapevole di ciò, l’amministrazione precedente al restauro della chiesa del Collegio  aveva ripulito e rimesso a nuovo la Pescheria, resa gradevole alla vista con una mano di colore indaco a richiamare l’azzurro del mare. Anzi, s’era sparsa in giro la voce che sarebbe ritornata viva e funzionante. False voci, allora. Ma la demolizione, oggi, è incredibilmente vera. E persiste.
Eppure il restauro della chiesa del Collegio è stato completato da tempo, le impalcature sono state tolte, le monache sono tornate ad affacciarsi dalle alte finestre per assistere al passaggio dell’annuale processione mariana tra festosi scampanii e fragorose bande musicali, ma della Pescheria nessuna traccia, tranne la colonna isolata e solitaria che di giorno proietta sul quadrante del marciapiede un filo d’ombra come una meridiana, senza numeri e senza tempo.


Paradossalmente, lo smantellamento è avvenuto  nel cuore del centro storico dove la gente per riparare una vuttèra  o spostare un chiodo deve sudare sette camicie dal momento che tutto ricade nel vincolo della “storicità”. La Pescheria, evidentemente, no. 




E domani cos’altro? A quale criterio architettonico-ermeneutico si rifà un’Amministrazione comunale o una Sovrintendenza provinciale per classificare come “non storico” un manufatto non degno di essere conservato? Vabbè che per il pesce oggi ci sono i frigoriferi e l’antica Pescheria poteva essere obsoleta,  ma la memoria non è certo pesce che puzza.
                                                                    P. C.


Molteplici volte è stato lanciato lo stesso appello, forse nell’indignazione privata, sicuramente nell’amovibile status quo pubblico, cioè, non se n’è fatto niente. 
Forse, se si sostenessero le problematiche quando di volta in volta vengono sollevate, utilmente si darebbe un prezioso contributo di idee a trovare una soluzione alle problematiche stesse. 
Forse si spingerebbero le autorità competenti ad essere competentemente efficaci, solerti e operative. 
Forse, ovviamente.  

Una foto storica della pescheria:
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1404912956421222&set=a.1375239139388604.1073741828.100007075921975&type=1&theater


Nell'attesa del gong demiurgico non resta altro che battere e ribattere lo stesso chiodo:
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 La memoria non è come il pesce: non puzza, in “L’Isola”, bimestrale, a. VII, n. 2, marzo-aprile 2005, pag. 4
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Abbattuta la vecchia pescheria, , in “La Citalena”, aprile 2005. Numero unico – Racalmuto
< 
 ...a tutte lettere, in “Lumìe di Sicilia”, n. 54, giugno 2005, pag. 14; [sulla ridenominazione del Teatro Margherita e la pescheria smantellata]
http://www.sicilia-firenze.it/upload/files/lumie_n54.pdf
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Blog Castrum Racalmuto Domani, giovedì 17 maggio 2012


3 commenti:

  1. Mi associo anche per fatto personale. A parte il fatto che di fronte ci stava mio bisnonno e poi mia nonna che è come dire una parte della mia ascendenza è convissuta con quel cimelio e sopravvissuta per quel cimelio, anche qualche mio povero scritto al riguardo va a farsi benedire. Nessuno lo capirà più tra una trentina di anni. Certo io non ci sarò più e quindi ... parce sepulto.

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  2. Toccante testimonianza, ne parli come se accusassi la mancanza o la perdita di una persona cara, anche i cimeli, le pietre, gli angoli di un paese in un certo senso lo sono, specialmente se sono legati alla nostra vita.

    Una raccomandazione: Ti prego di dichiararti per nome e cognome, poiché è la regola di questo blog.

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  3. Penso che senza le testimonianze della cultura popolare , i castelli , i teatri e persino le fondazioni , perdono il loro significato . Per questo mi ricorderó finché campo , della voce gracchiante di " lu zi Pietru Rinardu " che grida " Sardi vivi avemu , pisci vivi avemu , gammaruuuuuu !!!! . E da quanto ho letto , non saremo solo io e la " Colonna " a ricordarcene .

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