domenica 14 febbraio 2016

I GESSAI DI VILLAFRATI MI RISULTANO FAMILIARI. Anche a Racalmuto ce n'erano

Mio nonno era gessaio; condivido sul blog la foto e la nota di Pippo Oddo perché interessantissime in sé ma anche in omaggio al mio nonno paterno.
 La casetta in contrada "Buovu" l'ha tirata su con il gesso cotto nella locale "carcara". (P. C.)





Gessai di Villafrati
di 
Pippo Oddo

Della serie l'identità perduta.

La prima foto immortala tre gessai in una fiera del bestiame; la seconda uno degli ultimi gessai villafratesi al bivio di Bolognetta sulla strada per Marineo.
Mestiere complesso, quello del gessaio meglio noto come "issaloru!".

 Chi lo esercitava era formalmente un lavoratore autonomo. 

In realtà era schiavo del proprio lavoro, che consisteva nell'estrazione del materiale gessoso nella "pirrera" (cava), nel trasporto della stesso con branchi di sette-otto asini alla "carcara" (fornace), dove veniva arso per una notte intera, polverizzato a colpi di mazza, vagliato, insaccato e trasportato con gli asini dallo stesso issaloru in diversi paesi e, fino all'epoca del fascismo, anche a Palermo. 

Ogni gessaio possedeva da cinque a dieci bestie. Per tale ragione i issalora di Villafrati giravano le fiere del bestiame di mezza Sicilia e ovunque andassero erano riconosciuti immediatamente come villafratesi. Anche se la categoria non superò mai i 30 addetti, i "issalora" villafratesi rappresentarono dalla seconda metà del Settecento a tutti gli anni sessanta del secolo scorso gli ambasciatori della comunità nativa. 
Per questi esotratti a tutti i villafratesi è stato appioppato il blasone popolare di issalora, a Villafrati quello di "paisi di li scecchi", paese degli asini.




Testo e foto di Pippo Oddo

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