lunedì 29 febbraio 2016

I POST DEL MESE. Febbraio 2016



▼  febbraio (32)

sabato 27 febbraio 2016

giovedì 25 febbraio 2016

IL PROFESSORE MARINO "ESCE" DALL'ACCADEMIA E PASSEGGIA MEDITANDO CON TUTTI. Riflessioni (su un social network) su Sciascia, la mafia, l'antimafia...


I social network sono come una perenne prova d'orchestra nel mercato storico di Ballarò: ognuno abbannìa la sua merce mentre i valenti musicisti provano gli strumenti con squisiti frammenti musicali, il risultato che ne esce fuori è un bailamme  di suoni incredibili che nell'insieme risultano rumori, ma se uno tende l'orecchio e coglie echi di opere predilette si concentra su quelli, riesce ad astrarsi dal variopinto bailamme, risale con piacere e soddisfazione alle opere predilette,  opere serie, meditate, alcune veri e propri capolavori. 
Questa immagine è il mio commento  a certe presenze sui social network, in particolare al pensiero del professore Giuseppe Carlo Marino  oltreché alludere al motivo per cui l'ho voluto estrapolare da facebook e farne un apposito post per meditarci su e non smarrirlo in mezzo ad altri suoni rumori immagini compleanni annunci saluti autocelebrazioni buongiorno buonasera ricette ricettine emoticon smac puck ciak...
In particolare, riporto la riflessione postata ieri su facebook, su Sciascia, la mafia e l'antimafia poiché ne condivido le conclusioni di oggi e le riserve di ieri. P. C.
AVEVA RAGIONE LEONARDO SCIASCIA? Girovagando in una grande libreria, noto dei titoli (alcuni recentissimi, altri meno) che mi lasciano inorridito perché provano che ormai è in formazione una genìa di improvvisati e supeflui "scrittori" dediti al tentativo di conquistarsi un po' di fama scrivendo di antimafia, così come i loro predecessori, perseguendo un analogo obiettivo, scrivevano di mafia. Il mio venerato amico Leonardo Sciascia denunziava, incautamente e con un eccesso di profezia, l'avvento dei "professionisti dell'antimafia" (che, però, avrebbe dovuto individuare tra gli scribacchini e non proprio tra i magistrati) ; oggi, se fosse ancora in vita, proverebbe disgusto per i nuovi opportunisti che tentano di conquistare credito e soldi denigrando l'antimafia.



Disegno di Gaetano Porcasi

LA SICILIA COME L'IRLANDA?




"Qualcuno, non ricordo più chi, ha paragonato la Sicilia all'Irlanda e non ha avuto torto. 

In Irlanda un contadino taglia i garretti al bestiame di un landlord, ed ecco tutta la Grande Bretagna in aria come se si trattasse di un avvenimento inaudito. 
Il dizionario non ha più sostantivi abbastanza roventi per la paisaneria di quel paese di patate. Gli occhi inglesi non vi vedono più che dei criminali.


Nello stesso giorno in cui imperversano per il Regno Unito le ventate della collera inglese contro il paddy, Jack lo squartatore lasciò in Whitechapel - il quartiere popolare di Londra - la undecima donna colla gola recisa e le cosce insanguinate e a nessuno venne in mente di chiamare la capitale una città di ammazza donne."

DA:
L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia, di Paolo Valera; a cura e con introduzione di Michela Sacco Messineo; prefazione di Matteo Di Gesù;
collezione "Il romanzo italiano, 6"; Piero Manni Editore; S. Cesario di Lecce 2006; 1a edizione 1899-1990 Tip. cooperativa, Firenze;
1a edizione elettronica del: 9 maggio 2007


ph ©piero carbone (affresco - Salemi)

mercoledì 24 febbraio 2016

IL "NOSTRO" TENORE "DRAMMATICO": SALVATORE PUMA


"I diversi tipi di voci tenorili si possono riassumere in “Tenore di grazia”, con una tessitura o estensione acuta e dotato di agilità, come il “Conte di Almaviva” del Barbiere di Siviglia di G. Rossini. Inciso per la Cetra dal nostro Luigi Infantino nel 1950 con altri interpreti di spessore internazionale.
Il “Tenore lirico” con una migliore cantabilità dalla zona centrale a quella acuta.

Il “Tenore lirico o di mezzo carattere” come “Turiddu” della Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, che ha avuto un interprete impareggiabile in Salvatore Puma, e “Cavaradossi” della Tosca di G. Puccini interpretato sia da Puma nel lontano 1956 a Tokyo e nel 1973 al Teatro Massimo di Palermo, sia da Infantino al San Carlo di Napoli nel 1946.



Il “Tenore lirico vero e proprio” , portato sulle scene dai nostri tenori, come il libertino Duca di Mantova del Rigoletto di G. Verdi, l’innamorato pittore Mario Cavaradossi della Tosca di G. Puccini, e dello stesso compositore l’innamorato di Manon, Des Grieux.

Il “Tenore lirico spinto” personaggio principale dell’Andrea Chenier, interpretato da Puma al Massimo di Palermo nel 1972, e Don Josè nella Carmen di G. Bizèt, portato felicemente in giro nei teatri di tutto il mondo dai nostri tenori.

Per finire il “Tenore drammatico” con voce potente e accenti forti, come l’Otello di G. Verdi e il Sansone dell’opera omonima di Saint-Saëns magnificamente interpretati da Salvatore Puma."                                                                                                               Domenico Mannella








Enrico Di Puma, presidente del circolo culturale "B. Gigli" di Racalmuto, 
mostra orgoglioso i ritratti autografati del tenore Salvatore Puma

 


O Lola, c'hai di latti la cammisa

Vesti la giubba

E lucean le stelle
https://www.youtube.com/watch?v=VXuSLaMP0Jc


"Un paese e tre tenori" di Domenico Mannella



ph ©piero carbone (Circolo culurale "B. Gigli" Racalmuto, dicembre 2015 / gennaio 2016)


martedì 23 febbraio 2016

LE MIE ORIGINI. Oltre le personali genealogie, carte d'archivio per l'identità storica di un paese

Nota facebook
LE MIE ORIGINI
Tranne la nonna materna che era una Chiarenza, originaria di
Grotte, non presente nell’elenco di Calogero Taverna, gli altri nonni erano
Carbone Calogero, Capobianco Angela, Petruzzella Salvatore detto Restoru.



Il Taverna annovera parecchi residenti racalmutesi con
questi cognomi nel 1824. Petruzzella invero lo possiamo ascrivere alle varietà
registrate Petrozzella, Pitrozzella, Pitruzzella.



Oltre le curiosità sulle ascendenze familiari, le ricerche
storico-archivistiche di Taverna, unitamente a quelle del prof. Giuseppe
Nalbone ma non solo, sono da valorizzare per suffragare un nuovo e più
approfondito discorso storico su Racalmuto sotto molteplici aspetti. Gliene
dovremmo essere grati.



*
“Capifamiglia secondo

la Numerazione delle anime di Racalmuto nel 1824”



di Calogero Taverna.


lunedì 22 febbraio 2016

TUTTI GIÙ I (BLOG) RACALMUTESI, SECONDO ALEXA

NOTIZIA? INSOMMA!
CONGIURA? JATTURA? ASTRALE CONGIUNTURA?
STANCHEZZA? STITICHEZZA? O PERVERSO SCHERZO DI ALEXA?

Secondo il Traffic Rank in Italia di ALEXA
di oggi: 
tutti giù (in)felicemente, 
i blog racalmutesi: 
chi prima chi dopo, non ha importanza.

Lunedì, 22.02.2016




screen capture http://www.trs98.it/

screen capture www.malgradotuttoweb. 


CHISSÀ! L'archeologia sprecata.




Quello che rappresenterà l’isola di San Pantaleo, ridivenuta Mozia dopo gli studi e gli scavi del Commendatore, ormai archeologo a tempo pieno, è noto in tutto il mondo. 
Oggi Mozia è incessante meta di visitatori. L’impero economico dei Whitaker è tramontato ma Mozia è più viva che mai. 

I letterati, come Consolo, e i pittori lo sanno e la dipingono poco distante dalla terraferma, collegata da un carro che procede in mezzo al mare: “Un carro? Fino a quest’isola? - chiese Isidoro -. Nessuna meraviglia. Là a levante corre sott’acqua, ch’è alta qualche spanna, una strada lastricata di basole bianche che porta dritta giusto fino a Birgi”.

Rivivono oggi la strada lastricata sotto il mare, le mura con le torri, i leoni di pietra, la necropoli, il tophet, il kouros, il kothon. Rivive la città filocartaginese com’era prima di essere espugnata e bruciata dai greci, sepolta, dimenticata.



Chissà quale sarebbe stato il destino archeologico e turistico di Racalmuto se i contadini racalmutesi, invece di ridurre in frantumi gli antichi vasi di creta rinvenuti e altre cianfrusaglie, li avessero offerti al Commendatore Whitaker.
Di oggetti antichi, monete, sepolcreti, in tutto il territorio racalmutese ne sono stati sempre trovati, in abbondanza, come testimonia Nicolò Tinebra Martorana fino al 1897:

“In contrada ‘Cometi’, lungi tre chilometri da Racalmuto, in occasione di scavi, si rinvennero sepolcreti d’argilla rossa, resti d’ossa, lumiere anti- che, cocci di vasi ed alcune monete.
“In contrada ‘Culmitella’ (ex feudo Culmitella) furono rinvenuti due grandi vasi di creta rossa a mo’ di giarre. Contenevano polvere e pochi re- sti fragili di ossa.


“In contrada ‘Ferraro’, furono trovati piccoli vasi di creta, con disegno molto ben fatto e delicato, vernice nera e leggierissimi. Erano dei lacrima- toi. Graziosissimi a vedersi, furono ridotti in frantumi dagli ignoranti con- tadini, che dentro quei piccolissimi vasi sognavano un tesoro!
“In contrada ‘Cometi’ furono rinvenuti vasi antichi. [...]

“Infine a ‘Casalvecchio’, a poco meno di un chilometro dall’odierno Comune, in occasione di scavi eseguiti per istabilire una strada carreggia- bile, si rinvennero sepolcreti, ruderi d’antichi edifizi ed altri oggetti. Quest’ultima notizia è importantissima, per istabilire un’epoca memorabile per il paese nostro”.

Tutto questo nell’Ottocento.

Ma anche per tutto il Novecento...







Peppe Palumbo, animatore e responsabile
 dell'Antiquarium Petyx" di Milena, 
mostra orgoglioso un reperto restaurato.


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ph ©piero carbone ( 2 maggio 2015) Le foto ritraggono alcuni reperti dell'Antiquarium Petyx di Milena il cui territorio è limitrofo a quello di Racalmuto

domenica 21 febbraio 2016

LE MANI ALZATE DI GIAMBECCHINA

Aspirazione di un artista


Immagine riprodotta in AA. VV., Ciao, Berna Ciao Sicilia Bern grüst Sizilien Sizilien grüst Bern, Massimo Lombardo Editore, Agrigento 2004, realizzata dall'Artista in occasione della venuta del Papa  Giovanni Paolo II in Sicilia.



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sabato 20 febbraio 2016

E SE NON ESCE? Quei numeri "fortunati" sulla porta di una chiesa


Com'era a Napoli ce lo dice Matilde Serao, ma anche nei nostri paesi il gioco del lotto era un rito, laico si capisce, ma molto diffuso, né l'essere credenti e praticanti faceva ostacolo a praticarlo:
ogni sabato la fortuna al botteghino precedeva la messa domenicale.
Lo ricordo bene.
Le bollette delle giocate, almeno per una settimana, facevano da segnalibro alternandosi con la sacra immaginetta del santo patrono. Non si sa mai, un benefico influsso!

Oggi, ovunque si gioca, continuamente, in modo coattivo si direbbe. Altro che "rito"! Si gioca e si butta subito la traccia del gioco come la prova di una brutta azione.   P. C.


- Ottantaquattro, - gridò l’usciere, dichiarando il numero e collocandolo nella terza casella. 

Qui scoppiò il grande urlo d’indignazione, fatto di bestemmie, di lamenti, di esclamazioni colleriche e dolorose. 

Questo terzo numero, cattivo, era decisivo, era decisivo per l’estrazione e per i giuocatori. 

Con l’ottantaquattro erano delusi già tutti quelli che avevano giuocato il primo, il secondo e il terzo estratto; erano delusi tutti quelli che avevano giuocato la quintina, la quaterna, il terno, il terno secco, speranza e amore del popolo napoletano, speranza e desiderio di tutti i giuocatori, da quelli accaniti a quelli che giuocano una volta sola, per caso: 
il terno che è la parola fondamentale di tutti quei desiderii, di tutti quei bisogni, di tutte quelle necessità, di tutte quelle miserie. 




Un coro di maledizioni si levava, di giù, contro la mala fortuna, contro la mala sorte, contro il Lotto e contro chi ci crede, contro il governo, contro quello sciagurato ragazzo che aveva la mano così disgraziata. 

Serragliuolo, serragliuolo! gridavano da basso, per insultarlo, mostrandogli il pugno. 

Dal terzo al quarto numero passarono due o tre minuti; ogni settimana accadeva così: il terzo numero era l’espressione paurosa della infinita delusione popolare.

Matile Serao, Il paese di cuccagna. Romanzo napoletano. Milano, Treves, 1891.
Versione digitalizzata su http://www.liberliber.it/




Nota
Serragliuolo.
Ad un  ragazzo proveniente dal Serraglio ovvero dal brefotrofio si ricorreva per estrarre i numeri dall'urna. 


ph ©piero carbone