lunedì 18 maggio 2015

FAR "BALLARE I SANTI", CHIESA NON PERMETTENDO. Il culto di San Calò nello studio di Rosamaria Rita Lombardo




Viva viva San Calò 
o
Viva viva nudo bell'Ercole?

Il prossimo 18 giugno, come ogni anno, inizia a Naro la saga dei festeggiamenti in onore di San Calogero detto semplicemente San Calò. Un santo molto popolare dalle parti agrigentine.

Viva viva San Calò si implorava una volta dietro il fercolo del Santo, coralmente ad alta voce, o singolarmente come una giaculatoria, ma da qualche anno ho visto lanciare in  aria bigliettini con la versione teologicamente corretta dell'antica invocazione, Viva Diu e San Calò, con la speranza, da parte della chiesa, di fare sostituire al popolo la vecchia invocazione con la nuova: viva San Calò, ma non da solo e non sciolto soprattutto da ogni riferimento alla Divinità.
Ora si dice, si dovrà dire: Diu "e" San Calò: ad una congiunzione copulativa affermativa è demandato l'alto compito.
Si convertirà il popolo, sempre il popolo!, alla premurosa pioggia correttiva di bigliettini teologicamente corretti?

 Ad Agrigento invece, contrariamente a quanto di solito avviene tra pene, afflizioni e invocazioni,  il popolo ha da sempre fatto abballari lu santu e lanciato in aria  il pane, anzi letteralmente scagliato  contro la nera statua e anche qui la chiesa ha cercato di ricondurre quella grandinata alimentare ad una più rispettosa raccolta di pane e di offerte per i più bisognosi.
L'anno scorso una polemica amplificata grondò sui giornali e in rete: per tutti basti citare una lettera aperta a Monsignore scritta e pubblicata in rete da Elio Di Bella.

Nel corso degli Anni Settanta del secolo scorso sono stato testimone oculare della processione. Conservo nitido ricordo della statua fatta  ballare con  energici sussulti nello spazio gremito di fedeli tra la cattedrale, il museo diocesano e il seminario vescovile.
Rimanevo colpito non tanto dall'energica gioventù aggrappolata al Santo effondendosi, come dice la Lombardo, in "veri e propri atti di confidenza fisica", ma ancor di più, molto di più, dai bambini anche piccolissimi che dalla scalmanante marea venivano quasi lanciati di mano in mano fino a raggiungere i fedelissimi "portatori" posti in cima alla piramide umana, i quali portatori si incaricavano di strofinare i bambini sulle diverse parti del corpo ovvero della statua di San Calò, e in particolare sul volto della sacra effige.
 Era un contatto, uno strofinio spasmodico, meglio indicato dal termine dialettale "stricari", un verbo che tra senso proprio e senso figurato si presta ad una molteplicità di significati.


Cosa avvenga a Sciacca e in altri posti (la tradizione vuole infatti che i san Calogero bianchi o neri fossero sette e tutti fratelli) e quali siano nei singoli casi gli apporti teologicamente corretti della chiesa cattolica non saprei dire.
Si sa però, e lo studio di Rosamaria Rita Lombardo lo argomenta, che  la Chiesa ovvero le autorità ecclesiali locali non riescono a modificare e a lanciare in aria come fola le origini stesse della festa. Almeno così come  l'autrice ipotizza nel suo libro, ricorrendo addirittura al culto di Ercole. Un'ipotesi per persone colte, non penso si arriverà mai ad un popolare viva viva nudo bell'Ercole, nonostante l'autorevole citazione di Cicerone.
Tra l'altro non suona bene.


Apprendiamo i procedimenti metodologici della ricerca di Rosamaria Rita Lombardo dal suo post pubblicato su "Narrabilando":


"Lo studio 'Culti pagani e culti cristiani – San Calogero di Agrigento: l'Ercole di memoria ciceroniana' nasce dalla convergenza di personali interessi di ricerca archeologica e innovativi percorsi folklorici esplorativi da me condotti e sperimentati nell’ambito della gestazione e stesura del mio libro, L’ultima dimora del Re. Una millenaria narrazione siciliana “svela” la tomba di Minosse, pubblicato di recente da Fara Editore. In particolare, il materiale qui illustrato è il frutto di un’esperienza di ricerca realizzata nell’ambito delle feste religiose dell’agrigentino.

Il saggio a seguire propone il rinvenimento di taluni legami intercorrenti fra il culto di S. Calogero di Agrigento e quello pagano tributato in loco ad Ercole in età ciceroniana.

Il motore di questa indagine è la scoperta di precise affinità e rispondenze rituali, da me riscontrate, tra il culto cristiano calogerino e quello relativo all’Eracle agrigentino.

La ricerca, condotta sulle fonti a mia disposizione raccolte, si è mossa su tre versanti, quello folklorico-etnografico, quello mitico-letterario e quello archeologico". Rosamaria Rita Lombardo.

Screen capture narrabilando.blogspot.it


Brano tratto dalle Orazioni di Cicerone contro Verre, addotto da Rosamaria Rita Lombardo a testimonianza della probabile genesi pagana di alcuni aspetti del culto di San Calogero.

In Verrem II, 4, 94 :

...usque eo, iudices, ut rictum eius ac mentum paulo sit attritius, quod in precibus et gratulationibus non solum id venerari, verum etiam osculari solent.

...la sua divina bellezza, o giudici, è tale che le labbra socchiuse e il mento della statua sono un po’ consunti, perché i fedeli nelle preghiere e nei ringraziamenti non si limitano a venerarla ma si spingono fino a baciarla.

Screen capture narrabilando.blogspot.it


Fonte:
http://narrabilando.blogspot.it/2014/05/culti-pagani-e-culti-cristiani.html


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http://www.agoravox.it/Agrigento-guerra-di-religione-alla.html

http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/07/viva-viva-san-calo.html

http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/08/san-calojeru-di-nni-nu-contributo-di.html

La lettera, emblematica, di Elio Di Bella purtroppo non è più reperibile in rete


Gian Campione canta "Viva San Calò"
https://www.youtube.com/watch?v=2a_YbVa7W





Foto: (Naro, 18 giugno 2006) ©piero carbone

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