mercoledì 25 giugno 2014

UN RACALMUTESE ALLE AZZORRE

Il cammino di un emigrante che incontra accoglienza e tanta umanità.  
Tra i poveri delle Isole Azzorre, in Portogallo. 

"...Gli domando come mai c'erano uomini in chiesa, in giacca e cravatta ma senza le scarpe, e lui mi spiega che i vestiti li hanno ereditati dai padri, ma siccome le scarpe si consumano sempre prima della stoffa… allora vanno scalzi".







Un racalmutese alle Azzorre.
Testo e dipinti 
di
 Eduardo Chiarelli







Cosa succede quando invece d'emigrare per un paese dove esistono grandi comunità d'italiani che ci fanno da placenta, andiamo a finire su una minuscola isola sperduta nel mezzo dell'Oceano Atlantico, dove nemmeno il console d'Italia è Italiano?


La nostra voce nasale non passa inosservata, mentre gli abitanti, per lo più pescatori analfabeti, tutto ciò che sapevano dell'Italia lo avevano appreso dall'unico canale della televisione, che proprio in quel periodo mandava in onda la serie "La piovra".

Nel mio caso, come per gioco, comincio ad associare quei luoghi e quelle persone, ad altri luoghi e ad altre persone a me care .

Come un déjà vu, le vie lastricate con pietre basaltiche, le donne vestite di nero, il Sacerdote amante dell'arte, e tutta quella meravigliosa gente, diventano la mia gente.

Semplice nostalgia? 
O soltanto un disperato e patetico stratagemma che il subconscio inventa per rendere più sopportabile il mio soggiorno?





Adriano, un collega di lavoro, non appena seppe che avevo preso in affitto un monolocale, venne una domenica con il suo motocarro, e portò tutto quello che mi serviva e mi ero proposto comprare: coperte, posate, stoviglie, pentole ed ogni tipo di suppellettili, ma non solo, persino una televisione, una sveglia, e la canna da pesca, che nelle case degli Azzorriani non deve mai mancare .

Fu un vero blitz, e mentre rapidissimo scaricava, io sorpreso ed incredulo, non riuscivo a far altro che balbettare "Obrigado".  Non ero abituato a tanta generosità.

Mi commossi fino alle lacrime, quando lui fortunatamente era già andato via.

Ed è per questo che oggi, mentre se ne stanno a capo chino come scolaretti a prendersi ancora una volta i rimproveri di Padre Duarte, nonostante nutra simpatia per l'appassionato Parroco, non riesco a criticarli.
E come potrei dopo tutta l'ospitalità e la generosità dimostratami!




E' vero, sono molto superstiziosi, devoti a Dio e ai Santi, ma anche alla magia, alle fatture e al malocchio, e non c'è famiglia che non abbia una matriarca che pratichi questo tipo di rituali.

Del resto São Miguel è un'isola di origine vulcanica, la cui terra fuma, geme e sussulta continuamente, dove gli isolotti emergono improvvisamente dal fondo dell'Oceano, e tornano a sprofondare nel giro di poche settimane .

Per non parlare del tempo, che cambia da un momento all'altro , infatti nell´arco della giornata ci scorrono davanti le quattro stagioni dell´anno, perché è proprio su quest'arcipelago che si forma l'omonimo anticiclone. Per cui gli Azzorriani, consapevoli di vivere su una terra poco sicura, si affidano conteporaneamente a santi e a stregoni, per non inimicarsi com nessuno insomma.

Dunque agli ammonimenti del Sacerdote ci sono abituati, e sanno che, nonostante faccia la voce grossa, in fondo li vuole bene, e la rabbia gli passa presto.

Anzi, appena finita la funzione religiosa, fa un cenno al maestro della banda municipale, e questi, seguito dai vari elementi, irrompe dentro la chiesa e attacca una festosa marcia che lascia tutti a bocca aperta .

Non è tutti i giorni che si assiste a esibizioni di questo genere dentro di una chiesa.

La musica assordante rimbomba tra le navate, con il fragore di una tempesta, mentre le luminarie e le vetrate delle finestre tintinnano paurosamente, colpite dal suono violento degli ottoni e delle percussioni.

Mi guardo attorno e tutto sembra surreale: e pensare che la cosa più audace a cui avevo assistito, dentro una chiesa, era stata quella di sentire un tenore cantare “O Lola c'hai di latti la cammisa" accompagnato "appena" dal pianoforte. Questa invece sembrava la fanfara dei bersaglieri!

Finalmente la banda smette di suonare, e un fragoroso applauso esplode spontaneo .

Padre Duarte spiega che "oggi", 22 Novembre, si festeggia Santa Cecilia, ed è per questo che ha pensato di fare a tutti quella sorpresa.

Aspetto che escano tutti per congratularmi con il coraggioso Parroco: non appena capisce che sono Italiano, mi invita in sagrestia e là perdiamo la nozione del tempo .

Parliamo del Rinascimento, dei suoi artisti, del contributo che l'Italia ha dato al mondo dell'arte, di Stendhal e di musica, e accenna con la sua voce di baritono qualche aria di Verdi e Rossini. 



Gli domando come mai c'erano uomini in chiesa, in giacca e cravatta ma senza le scarpe, e lui mi spiega che i vestiti li hanno ereditati dai padri, ma siccome le scarpe si consumano sempre prima della stoffa… allora vanno scalzi.

Si offre di aiutarmi ad organizzare una mostra, quando gli dico che ho già dipinto diversi paesaggi dell'isola. Quando invece confesso che non sono un professionista lui mi risponde che in portoghese dilettante si dice "amador"  cioè colui che si dedica a qualcosa per amore.  Gli rispondo "ci penserò", mentre ci salutiamo.

Fu cosi che conobbi padre Duarte Moniz.

Uscito dalla chiesa del Bom Jesus, dei vecchi cacciatori di balene mi invitano ad entrare nella “taberna"; sanno che mi piace stare a sentire le loro storie, alcune vere, altre inventate o prese in prestito, per scroccarmi qualche bicchiere di “ aguardente “.  Io sto al gioco, perché so che hanno avuto veramente delle vite incredibili.


Ma è già tardi e per andare a casa imbocco la strada che considero la più pittoresca, quella chiamata non so perché  "dei Granchi", dove si possono vedere decine di bambini mezzi nudi, che giocano allegri e chiassosi per strada, donne scarmigliate che lavano a mano i panni, che i parenti mandano loro dall'America, ed altre che invano tentano tener ferme tra le ginocchia le teste dei figli, per poterli spidocchiare, mentre questi strillano e scalcitano.

Nell'aria un forte odore di pesce che essicca al sole, si mistura con quello dell'urina dei materassi messi ad asciugare sui balconi.

Una giovanissima ragazza che canta, a squarciagola, la canzonetta del momento all'improvviso tace e approfitta del mio passaggio per chinarsi e strizzare lo strofinaccio, mentre sorride maliziosa, consapevole delle giovani grazie che la scollatura lascia intravedere.

Sogna il Principe azzurro? No! a lei basterebbe un bravo giovane, che la sposi e la porti via, magari in America, dove potrebbe vivere una vita sicuramente più dignitosa. Lontano da quell'isola miserabile, ma dove, senza saperlo. ha vissuto i momenti più belli della sua vita.

E mentre percorro quelle stradine, penso, ma non me accorgo, perché come direbbe un mio compaesano …. Sto camminando.



7 commenti:

  1. Scrittura essenziale come i colori e l'inquadratura dei paesaggi dipinti. In un armonico divenire della vita.

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  2. Bellissimo racconto, complimenti. Mi accingo a condividerlo per poterlo rileggere dopo con calma

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  3. Caro Eduardo , riesci da lontano a valutare meglio ció che non hai piú sottomano , dando una luce differente e facendo comprendere a chi é ancora quí , di apprezzare ció che ha ancora la fortuna di avere , cercando dunque di migliorare le sorti della propria terra .

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  4. Bellissimo ! ho letto con grande interesse e piacere e saró sincera . C ´é in té l´anima del poeta , spero tanto che continuerai a descrivere le tue esperienze da emigrante e di pubblicarle . Per quanto riguarda i quadri sui quali hai immortalato i paesaggi delle azzorre , sebbene fatti da un dilettante , come tú ti definisci , a mé piacciono , e sono sicura pure agl ´altri .

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  5. Magnifico artista del pennello , come disse padre Duarte Moniz " Amador "il mio caro amico Eduardo dipinge paesaggi anche con le parole , capace di farti viaggiare per chilometri con la fantasia , e nel giro di una manciata di righe ti trovi lá ....anche tú ....in quei luoghi onirici descritti talmente bene , che ne senti anche gli odori , i colori , le voci e i suoni . Ti ringrazio per avermi fatto leggere questa meraviglia . Sono orgogliosa dei miei paesani all ´estero . BRAVO !

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  6. Si capisce che quando scrivi , liberi le tue emozioni e che le tue parole ti salgono dall´anima .

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  7. Grazie Amador di questo Mondo in colori e suoni! Poetico!

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