domenica 27 ottobre 2013

SCIASCIA E “IL NOTAIO CHE VERSEGGIAVA”




La lettera del 26 gennaio 1953 che qui si pubblica di Giuseppe Pedalino Di Rosa, il poeta notaio originario di Racalmuto trasferitosi a Milano nei primi del Novecento, viene a testimoniare la reciproca conoscenza fra il settantaquattrenne poeta e  il ventiduenne Leonardo Sciascia insegnante allora di scuole elementari appellato “professore” come si usa dalle nostre parti.

Il Pedalino a Milano mantenne le abitudini di paese a cui era visceralmente attaccato. Avido di sapere tutto ciò che accadeva nel natio loco, nella sua Sicilia, non poteva non essere interessato, lui letterato e poeta di una qualche fama e di lungo corso, a ciò che verminava laggiù in Sicilia.  Il giovane autore Sciascia, desideroso di approvazione e conferme come tutti i giovani esordienti, invia all’anziano poeta due sue pubblicazioni e, forse per ingraziarselo o metterlo in guardia, gli riferisce di alcune maldicenze (o non benevoli giudizi) sul suo conto. Il Pedalino infatti  nella lettera fa riferimento a “quel tal signore”, autore di un non benevolo giudizio nei propri confronti. Ora, la grammatica ci insegna che il pronome sostituisce il nome: entrambi pertanto sapevano benissimo di chi parlavano. Come ad entrambi sarà stato noto “l’ispiratore” di quel giudizio.




Riguardo alle “due pubblicazioni” inviate da  Sciascia, se si escludono le Favole della dittatura pubblicate due anni prima, esse con ogni probabilità saranno state quelle  più recenti del 1952, e cioè la raccolta di poesie La Sicilia, il suo cuore e  un’antologia di poesia romanesca  (Il fiore della poesia romanesca) con una premessa di Pasolini che, purtroppo, in un’altra antologia sulla poesia dialettale del Novecento, anch’essa del 1952, si era espresso negativamente sul Pedalino con un giudizio assai tagliente, definendolo “un affezionato del genere dialettale, ma con pericoloso dilettantismo”. Perché pericoloso? si chiede con disappunto lo studioso Salvatore Di Marco. E perché Sciascia, referente del Pasolini per la stesura delle pagine siciliane dell’antologia, non controbatté o non chiese chiarimenti su un giudizio così “sedizioso”?

            La lettera del 23 gennaio 1953 pertanto risponde negativamente  ad un quesito dello stesso Di Marco il quale ha ipotizzato, quale excusatio, una quasi non conoscenza delle opere del Pedalino dal momento che il Di Marco non si spiega come mai Sciascia non menzioni mai il Pedalino pur occupandosi di poesia dialettale. E’ improbabile che il futuro scrittore di Racalmuto nel 1953 non conoscesse e non avesse letto i libri  pubblicati dal Pedalino. E’, piuttosto, una chiara scelta di Sciascia quella di ignorarlo.




Avrebbe potuto citarlo nel 1975 quando ha scritto la prefazione alla ristampa del romanzone di Luigi Natoli Fra Diego La Matina del 1924: il Pedalino aveva pubblicato A fra’ Decu nel 1929; Sciascia lo liquida indicandolo semplicemente come “il notaio che verseggiava” e lo cita a proposito del convegno da lui organizzato a Racalmuto “intorno al 1930” a cui sarebbe convenuto lo stesso Natoli e per averlo accompagnato “ nella contrada di campagna denominata fra  Diego, dove c’era una grotta”. Quel convegno avrà fatto scrusciu in paese colpendo l’immaginario di Sciascia ragazzo, se non altro per averne sentito parlare favolisticamente, dal momento che a Racalmuto, grazie al poeta racalmutese che risiedeva a Milano, s’era adunata gente “importante”, rappresentanti delle patrie e sicule lettere che in quel momento andavano per la maggiore tra cui, oltre il famosissimo Luigi Natoli, gli emergenti Ignazio Buttitta, Giuseppe Denaro ed altri.

Quell’alone di successo e di conoscenze nel campo letterario e non solo perdurava ancora nel 1953 quando il “poeta notaio” scriveva al giovane Sciascia, anzi veniva rafforzato dallo stesso Pedalino il quale con dimestichezza cita Benedetto Croce e Vittorio Emanuele Orlando, lo stesso Natoli e Vincenzo De Simone, professori universitari, Luigi Capuana che addirittura a Milano lo avrebbe abbracciato.
Sciascia, inoltre, per ragioni di poetica, lontano nella scrittura da ogni sentimentalismo, avrebbe potuto o dovuto citare il Pedalino  quando nel 1964 ha pubblicato La morte dell’Inquisitore, se non altro perché il “notaio che verseggiava” aveva scritto un corposo poemetto di 104 ottave, storicamente documentato, dedicato al monaco eretico di Racalmuto, facendone, a differenza del Natoli, un eroe, un martire del libero pensiero.

Non l’ha fatto. Non l’ha voluto fare. Ha preferito il silenzio.


A tal proposito affolla la mente una ridda di ipotesi: forse l’avrà sottaciuto per i trascorsi fascisti del poeta notaio? Ma nel 1953 questi erano ancora più recenti! E poi, anche l’amato Pirandello lo era stato, con tessera. Forse perché troppo cattolico? Ma anche l’apprezzato Alessio Di Giovanni  era stato cattolicissimo. O si sarà fatto contagiare dal negativo giudizio pasoliniano? Anche a cadere tutte le ipotesi, resta il silenzio tombale.

Come se non bastasse, l’autore delle Parrocchie di Regalpetra, anche nella fama post mortem presso i posteri,  ha  contribuito involontariamente all’oblio del “notaio che verseggiava” occupando  egli stesso, con l’incombenza della sua fama,  tutti gli spazi e i conati celebrativi di un paio di generazioni di concittadini. Più o meno ignari. Più o meno colpevoli.




Prima minuta




                                Milano, 26-1-1953

            Ill.mo Prof. Leonardo Sciascia
                       Racalmuto

            Con letizia ricevo sua preg[iatissi]ma del 22.
E mentre mi accingo a scriverle, mi perviena la posta con le  Sue  due sue pubblicazioni inviatemi, che saranno oggetto di mio studio.
            La scriverò molto volentieri – appena letto e appena rimessomi in salute.
            Per quel tal signore, che evidentemente non ha visto  nulla di mio e che si è attenuto alle notizie di un... interessato a me noto, sono lieto che, date le  [due parole incomprensibili di cui la prima sottolineata], non intenda… il passo come  fa per Antonio Negri. Ragione di mia personale letizia.
            Che vuole? Pio Reina, Benedetto Croce, V. E. Orlando, Vincenzo De Simone, i Prof. Luigi Natoli, Filippo Mare Pugliese, i Prof Universitari Savor Pop e Luigi Sorrento (anche [due parole incomprensibili]) non verranno in seno di quel tale. E anche lettere a me dirette recentissimamente... dallo stesso ispiratore!

[Righe tagliate con un frego orizzontale: Non mi fa né caldo né freddo, personalmente sono per trarne argomento di perfetta letizia]







Seconda minuta

                                  Milano, 26-1-1953

            Ill.mo Prof. Leonardo Sciascia
            Racalmuto

            Con letizia ricevo sua pregma del 22.
E mentre mi accingo a scriverLe mi pervengono due sue pubblicazioni, che saranno oggetto di mio studio.
La scriverò molto volentieri – appena letto e appena rimessomi.
Per quel tal signore, che evidentemente non ha visto (cancellato: letto) nulla di mio e che si è attenuto alle notizie di un... interessato a me noto, sono lieto che, data le le  [due parole incomprensibili di cui la prima sottolineata], non intende… il passo come fa per Antonio Negri. Ragione di mia personale letizia.
            Ma che vuole? Pio Reina, Benedetto Croce, Vittorio Emanuele Orlando, Vincenzo De Simone, i Professori Universtari Luigi Sorrento e  Saver Pope, i Prof. Luigi Natoli e Filippo Mare Pugliese non verranno in seno di quel tale. E anche lettere a me dirette… dallo stesso ispiratore!  [Sottolineata e cassata la frase: Non mi fa né freddo né caldo] Ed io invero non parlo  a seguito di [una parola incomprensibile] perché non ho voglia di comprare il volume
Con ogni [fremito?] di spirito, i migliori saluti.
Cordialissimo
                                                                                  Suo Peppi Pedalino

  
Per la cronaca! Il nostro compianto Luigi Capuana l’aveva proprio per le mie alcaiche. Non accettava questa forma metrica pel nostro dialetto. E mi scrisse lettere ... sfottenti,  intendiamoci, non per il contenuto, ma per la forma. Ma dopo, quando è venuto a Milano a fare il perito nel processo di Marinetti, mi abbracciò affettuosamente e mi palesò la sua cordiale benevolenza.


Già pubblicato nel 2008 su Lumìe di Sicilia:

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