mercoledì 28 agosto 2013

ONORE E ONESTÀ. È accaduto ad Aurelio Cardella

Come ci auguravamo, seguono altri aneddoti che hanno visto una Tipografia Stamperia, ormai chiusa, fungere da involontario palcoscenico: dove ha sfilato una carrellata di varia umanità; dove, per fortuna, accadeva anche questo.




ONORE E ONESTÀ
di Aurelio Cardella

Vi sono incontri nella vita che ti lasciano il segno, ovvero ti aiutano a capire te stesso.
Era il 1981 o giù di li quando accadde il fatto che sto per raccontarvi.

Aurelio Carconi, si chiamava così, un uomo tutto d'un pezzo, una persona appagata dalla vita potrei dire, funzionario di un ente pubblico lui, funzionaria regionale la moglie, un figlio unico, un attico in città, una casa di villeggiatura, una roulotte per trascorrere le vacanze con moglie e quel figlio che tanto amava, la famiglia del mulino bianco diremmo oggi.
Con Aurelio Carconi si aveva un bel feeling, era un buon cliente, si confidava spesso con me, e facevamo i conti quando avevamo tempo, ovvero quasi due volte l'anno, tanto era la fiducia e la stima reciproca.

Un giorno d'estate venne a chiedermi di preparare il conto, doveva partire per un lungo viaggio, mi disse, replicai che anche io sarei andato in vacanza e potevo prepararlo al mio ritorno, insistette, anche io insistetti e l'ebbi  vinta.
Il giorno dopo, verso le undici ricevo una telefonata, era mio fratello, quello che lavorava al Giornale di Sicilia dicendomi che il mio amico-cliente Aurelio Carconi si era suicidato lanciandosi dall'attico di casa sua, mi si raggelò il sangue, stupore e sconforto ebbero il sopravvento, con voce tremula chiesi se ne fosse certo, mi confermò che aveva battuto la notizia per l'edizione del mattino.

Mi vennero in mente tutte le risate che ci siamo fatti commentando qualche storia e di quanto ci eravamo raccontati, anche quando vedendolo preoccupato mi confidò di suo figlio il quale era caduto nel tunnel della droga e di quanto ciò lo stava distruggendo.
Fu l'epilogo di una grande sconfitta che a lui, immaginava, non potesse capitare e che ha preferito pagare piuttosto che affrontare con quella determinatezza a lui consona.
Meditai per alcuni giorni il da farsi, non avevo nemmeno il coraggio di telefonare alla vedova per le dovute condoglianze, doveva essere distrutta quella povera donna per avere perso l'amato marito per colpa di quel figlio ingrato caduto nelle mani di una societá che si avviava alla falcidia di una generazione.

La mia titubanza fu interrotta qualche giorno dopo da una telefonata, era un avvocato, con studio in via Villafranca, che mi convocava per comunicazioni urgenti.
- È lei il Signor Aurelio Cardella, titolare della Tipografia Adriana?
- Si
- Conosceva il Dottor Aurelio Carconi?
- Certamente!
- Aveva qualche sospeso con lui?
- Si... purtroppo non oso neanche chiedere, dovevamo fare dei conti.
Aprendo un cassetto, tirò fuori un assegno bancario dicendo:
- Non si preoccupi... ha fatto lui il conto che dovevate... ha lasciato questo per lei.
Fui colto, come adesso che scrivo e come tutte le volte che racconto questa storia, da un brivido.

Avevo recuperato due milioni di lire, che già avevo archiviato, ma avevo perso un grande amico, di quelli che nessuno crede possano esistere.
Allora ebbi il coraggio di telefonare alla vedova, per esprimere il mio cordoglio e per tranquillizzarla, suo marito sarebbe rimasto in eterno in quanti lo avevano conosciuto.
La signora mi ha raccontato che il marito, prima del gesto disperato, aveva redatto un elenco del dare-avere, il dare era stato assolto, l'avere era stato in minima parte recuperato, il resto era stato negato. Che ingratitudine!





Per me Aurelio Carconi è ancora vivo, e lo incontro in tutti coloro che conducono una vita retta, nel rispetto del prossimo e che lavorano per esso affinché possano prevalere quei principi che tutti evocano ma solo pochi riescono ad applicarli nel quotidiano.

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Foto proprie (blog A&P). Sono state scattate una a  Racalmuto e l'altra a Barcellona.

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