mercoledì 21 novembre 2012

UNA VOLTA MARTA, UN'ALTRA VOLTA MARIA




RICORDO DELLA ZÀ MARICCHIÈ


Quando si pensa alla zà Maricchiè, viene spontaneo  richiamare quell’episodio del vangelo di Luca in cui Gesù rivolgendosi ad una delle sorelle di Lazzaro la esorta ad occuparsi delle cose spirituali.

“Marta, occupata nelle varie faccende domestiche, si fece avanti e disse:

- Signore, non t’importa che mia sorella mi lasci sola a servire? Dille che mi aiuti. - Ma il Signore le rispose: - Marta, Marta, tu t’inquieti e ti affanni per molte cose; ma una sola è necessaria: Maria ha scelto la parte migliore.”  

Ebbene, si può dire che la zà Maricchiè, così detta e così universalmente conosciuta, ovvero Maria Castiglione, nata nel lontano 1908, di cui ricordiamo con affettuosa familiarità la figura piccola, minuta ma energica, per metà della sua vita abbia fatto la parte laboriosa di Marta e per l’altra metà quella mistica di Maria.





         Nella prima parte, diciamo così, della sua vita, la zà Maricchiè è stata la signora Licata, moglie solerte e sodale del marito: a dorso della mula baia, rossa in viso sotto un sole cocente, la testa fasciata da un fazzoletto bianco, si indirizzava verso la campagna in contrada Garamoli-Roccarussa dove non si risparmiava ad aiutare il marito curando l’orto e coltivando terreni. Chi andava a trovarla, d’estate,  veniva colpito dalla sua perizia
nell’assolvere le incombenze campagnole, da come  teneva pulita la minuscola casa d’abitazione detta in dialetto “cubbuluni”: piena come un uovo ed ordinatissima.

Nel 1964 le muore il marito e la zà Maricchiè, a cinquantasei anni, senza figli, dopo un periodo di doloroso lutto, non si rassegna a consumare la sua esistenza nel ruolo infruttuoso della vedova pensionata, senza motivazioni e senza interessi. Incomincia a frequentare la chiesa parrocchiale, sicuramente esaudendo un antico quanto intimo desidero. Sempre ricordava, con commozione, gli insegnamenti religiosi ereditati dalla madre morta giovanissima.

Iniziata dalla zà Ciccina e dalla signorina Salvina, alla frequenza del servizio liturgico, alle mille pratiche di devozione, la zà Maricchiè, che pur aveva frequentato solo qualche anno la scuola elementare, inizialmente timorosa e impacciata, via via ha appreso alla perfezione a districarsi tra casule, piviali, messe in albis, recite di rosario in dialetto e latini tantum ergo, ad impartire il catechismo ai più piccoli; osservare i primi venerdì del mese in onore del Sacro cuore di Gesù e i prescritti sabati mariani; allestire l’altare maggiore per le Quarant’ore; adornare in modo quasi artistico il “sepolcro” del Giovedì Santo; registrare gli iscritti al Terz’ordine carmelitano; aggiornare le pagelline dell’Opera del Suffragio in memoria dei defunti...




Nel 1968 avveniva il cambio della guardia alla Parrocchia del Carmelo: a Padre Puma succedeva Padre Martorana e la zà Maricchiè è venuta  assumendo sempre più le funzioni di una fiduciaria di fatto, tanto che è divenuta col tempo un’istituzione.

Ormai era dedita a tempo pieno alla parrocchia dal momento che aveva assunto generosamente l’impegno di assolvere gli aspetti pratici che il funzionamento e il decoro di una chiesa parrocchiale richiedono: aprire e chiudere la chiesa, suonare le campane, i manutergi e le tovaglie di lino da lavare e stirare alla perfezione, pulire i pavimenti, spolverare i tappeti, governare i fiori, ecc.

In alcune di queste mansioni la zà Maricchiè è stata a sua volta coadiuvata da altre volontarie, giovani e meno giovani, ma sempre sotto il suo sguardo vigile, sotto la sua diligente regia che esercitava con una sorta di autorità.
Si sentiva responsabile anche della buona salute e della serenità del parroco che cercava di “difendere” e preservare, come una mamma, cercando di filtrare a suo modo le mille richieste a cui un parroco beneamato solitamente è sottoposto.  
Si sentiva insomma responsabile del buon andamento della parrocchia in tutti i suoi molteplici aspetti.

In conclusione, può dirsi sorprendente come la zà Maricchiè, calatasi con naturalezza nella parte della evangelica Maria, non abbia ripudiato l'altra dimensione, quella di Marta, anzi ha saputo sintetizzare e armonizzare le due dimensioni. 




Il suo umile comportamento, alla fine, ha assunto inconsapevolmente il valore di una testimonianza: quando a causa più della malattia che della vecchiaia, non ha potuto più frequentare l’amata parrocchia, la sua assenza è stata avvertita da tutti come un vuoto. 
Epperò il suo esempio non ha mancato di dare i suoi frutti in tante e in tanti parrocchiani, giovani e meno giovani, a cui ha voluto bene e dai quali è stata voluta bene.
Questo penso sia il miglior ricordo che alla zà Maricchiè sarebbe piaciuto lasciare di sé.  






"Popolo im cammino" numero unco, 2003 [PDF] 

lumie di sicilia n. 51 - Associazione Culturale Sicilia Firenze

www.sicilia-firenze.it/upload/files/lumie_n51.pdf

Ricordo della Zà Maricchiè - Ecclesia Racalmuto

www.ecclesieracalmuto.it/.../index.php?...za...



Foto di mia proprietà

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