lunedì 1 ottobre 2012

UN'INTERVISTA KURIOSA


Intervista al Presidente onorario dell'Akkademia du Crivu

L’Akkademia, nata nel 1995, si prefigge la scoperta e la valorizzazione del nostro patrimonio culturale, si è fatta promotrice di singolari iniziative come la messa celebrata in lingua siciliana il 26 dicembre dello stesso anno, con tanto di approvazione ecclesiastica, ma soprattutto si propone di restaurare in via sperimentale la vera grafia del siciliano antico.

Dottor Provitina, non bastavano le ortografie esistenti?

R. Intanto, preciso che il mio vero nome è Prufètina, deriva da una famiglia bizantina che aveva capacità divinatorie, in seguito grecizzato con il suffisso ina e significa "figlia del Profeta"; non solo il mio ma tutti i nomi siciliani dovrebbero essere cambiati per come erano scritti originariamente.

Una bella impresa! Si può immaginare il disagio per i cittadini e gli uffici anagrafici che dovrebbero "correggere" tutti i loro documenti.

R. Non dico questo, la mia è una provocazione ma anche una proposta sperimentale. E vengo così alla sua domanda iniziale. Non solo per i cognomi, ma per scrivere tutte le parole siciliane finora sono stati adottati i segni alfabetici dell’italiano, questo è stato ed è l’errore delle varie ortografie esistenti.

E invece?

R. Invece bisognerebbe adottare la tabedda fonika siciliana.

Sarebbe?

R. Adottare i ventisette segni alfabetici del siciliano per indicare i suoni di qualsiasi parola dialettale siciliana, di ieri e di oggi e anche di domani.

Non sarebbe un voler versare il vino nuovo in otri vecchi?

R. Ci riteniamo innovatori, non conservatori, anche se non abbiamo la presunzione di rifare la lingua siciliana. O ce l’ha o non ce l’ha un popolo la sua scrittura. Il popolo siciliano ce l’ha. È sbagliato volere scrivere il siciliano con l’alfabeto italiano. Tutto qui. In particolare rivendichiamo il ripristino di kxj. La storia ci dà ragione. Nella prima metà del XIV secolo troviamo il segno k al posto di c dura. Nel XV secolo, sci veniva scritto x e nel XVIII e XIX secolo si utilizzava il segno grafico j invece del corrispondente gi appartenente alla tabella fonica italiana. Inorridisco quando in televisione, dovendo leggere Caltanissetta Xirbi, pronunciano Csirbi invece di Scirbi.
Vicino Roccapalumba esiste il monte Sciarra, scritto anticamente Xarra. Tuttora troviamo ancora dei pastori analfabeti o quasi che cercando di imparare a scrivere utilizzano la k per esprimere c dura, poiché è un fatto genetico, è dentro di noi.

Come mai queste soluzioni finora non sono state adottate sistematicamente?

R. Anche noi du Krivu ci chiediamo come mai il Pitrè, ad esempio, ha ceduto a scrivere una grammatica dove l’uso dei segni graf¦ci non corrisponde a quello siciliano nonostante ne fosse a conoscenza. Ma sappiamo la risposta: perché altrimenti non avrebbe avuto la storia. 
Oggi è impensabile che uno studio coraggioso quale possa essere quello fatto da noi du Krivu attraverso il mio libretto Lezioni di beddu skriviri sicilianu possa essere sostenuto da un istituto di cultura, riconosciuto da una università qualunque o appoggiato da una classe politica, è impensabile proprio perché è una novità talmente dirompente che nessuno ha il coraggio di sostenerlo; per fare pubblicare da altri il mio libretto e farlo circolare, dovrei far sparire la k, la x, la j, dovrei far sparire la verità. Nun si podi ammucciari u suli ku u krivu. È quello che hanno fatto il Pitrè, il Piccitto e lo stesso Salvatore Camilleri. Lo stesso Meli non scrisse nel siciliano che sapeva sicuramente scrivere.

Il professore Salvatore Trovato dell’università di Catania ha in preparazione una pubblicazione sull’ortografia siciliana...

R. E vabbé, ognuno pubblica la sua, ma sono tutte sbagliate e chi le pubblica sa che sbaglia, io lo so che loro sanno di sbagliare perché ne abbiamo parlato. Con molti studiosi ho avuto scambi di opinione, anche con lo stesso Ruffino, fatto sta che chi vuol fare strada deve nascondere la verità. Io posso rendere pubbliche le mie convinzioni perché non ci debbo campare. Se io dovessi far sopravvivere la mia famiglia, dovrei pubblicare le mie cose trasformandole, eliminando quello che la politica vuole che non si dica.

A proposito di politica, come reputa l’attuazione della legge regionale sull’insegnamento del dialetto nelle scuole?

Sicuramente non tempestiva. Lo sarebbe stata se fosse stata attuata già negli Anni Ottanta, quando uscì la legge. Che sia opportuna, non c’è dubbio. Che possa essere utile e positiva, ne sono convintissimo, perché la salvaguardia dei tanti dialetti siciliani significa la salvaguardia della lingua siciliana. Guai se si perdesse questo patrimonio. Ah, se ci fosse stata l’Akkademia du krivu due secoli fa!

Cosa sarebbe cambiato?

Molto. Pensi: alla base di ogni popolo c’è la cultura e alla base di ogni forma culturale c’è la lingua che la esprime. Ebbene, la regola fondamentale per chi vuol far parte della nostra accademia è di pensare, parlare, leggere e scrivere in siciliano.

È una fede!

Sì, è una fede nella nostra identità.










Il testo, senza la suddivisione in sequenze,  si può leggere su:

-         “Scuola e cultura antimafia”, a. 17, n. 3, Settembre-Dicembre 2000:
http://digilander.libero.it/scuolaxantimafia/index.htm cliccare su DIALETTO O LINGUA SICILIANA
-        “Lumìe di Sicilia”, n. 41, febbraio 2001, pagg. 10-11:



Nessun commento:

Posta un commento